Il mondo degli adulti e il mondo degli adolescenti. Due mondi diversi, ma connessi.
Accanto all’amore è spesso il senso di smarrimento ad accomunare questi due mondi. Da una parte troviamo lo smarrimento dell’adolescente alle prese con la ricerca di un equilibrio seppure precario tra appartenere e differenziarsi, tra dipendenza e autonomia, tra regredire e avanzare.
Dall’altra troviamo lo smarrimento dei genitori disorientati davanti ai turbamenti improvvisi dei loro piccoli poi grandi e poi di nuovo piccoli ragazzi. Smarrimento di coloro i quali faticano il più delle volte a rimandare uno sguardo che sostiene la crescita perché sempre più capita che siano i genitori a ricercare nello sguardo dei figli rassicurazioni e conferme, convinti poi che l’unico modo per essere in relazione sia il ricorso al dialogo.
In realtà mai come ora gli adolescenti hanno bisogno di sguardi. Sguardi in cui i nostri giovani si sentano capiti e pur nella diversità stimati e amati. Ecco che solo allora è possibile entrare in relazione con loro, con le loro paure, le loro ansie e le loro emozioni.
Noi adulti abbiamo il dovere di preparare i giovani ad affrontare questo passaggio della vita cosi delicato ma fondamentale perché orienta, immette e crea speranza. Abbiamo bisogno, già negli anni della loro infanzia, di costruire vicinanza e amorevolezza perché possa consolidarsi dentro di loro la forza e la certezza di quel legame che rassicura, fa sentire forti e attrezzati. Essere “visti e pensati” costituisce infatti lo sviluppo della mente, rappresenta nutrimento indispensabile che fortifica e rende maggiormente sicuri.
Cari genitori, non abbiate paura del vuoto, del loro silenzio o della loro autonomia che spesso si traveste in ribellione. Affidatevi piuttosto a quegli sguardi che più di mille parole possono parlare a vostro figlio che – come avrete notato dall’impeto delle sue emozioni - è aperto e sensibile alla voce del cuore.
Parlate loro attraverso sguardi benevoli, accoglienti e disponibili all’ascolto; sguardi che scrutano da lontano e sanno essere di supporto; sguardi che si posizionano alla giusta distanza e lasciano avanzare. Lasciate che sbaglino, gioiscano dei loro sogni e dei loro successi, lasciateli esplorare il mondo e assicuratevi che stiano trovando la loro strada.
Sono i momenti condivisi, gli sguardi benevoli e i silenzi aperti all’ascolto che creano giorno dopo giorno quel dialogo profondo, quel tacito accordo che non ha bisogno di parole le quali a volte sono causa di malintesi difficili da recuperare e buoni a creare resistenze che appesantiscono la relazione.
Cari genitori, non affidiamo alla rete e ai social network l’illusione di essere quello sguardo rassicurante di cui i nostri giovani vanno tanto alla ricerca, perché se è vero che la rete è uno strumento importante che permette di sperimentare e disporre autonomamente di informazioni, non può certo essere lo sguardo che accompagna la crescita, la motivazione e l’evoluzione. Non può sostituire gli occhi del genitore. E' illusorio, inganna e fa male. Se la rete diventa il miglior compagno dei nostri giovani preoccupiamoci, perché se usato senza limiti porta inevitabilmente a controindicazioni: consuma il tempo in modo vorace e lo rende anonimo; riduce l’attesa e uccide il desiderio; il lessico si impoverisce e la tolleranza alle frustrazioni non trova uno spazio per allenarsi perché tutto è subito ed è concesso in un solo clic. Non affidiamo alla tecnologia il potere di condizionare facendo perdere le tracce della propria unicità, perché è questo che può fare se usata incautamente.
Cari genitori non spaventatevi, piuttosto accogliete con silenzio e discrezione, con amorevolezza e fermezza e fatevi trovare acconto a loro quando, in preda all’angoscia, si bloccheranno o si smarriranno per un attimo. State loro vicino in un modo diverso rispetto a quando erano piccoli e reclamavano a gran forza la vostra vicinanza. Perché il confine è una linea che si può spostare, perché è con voi, ma fuori di voi, che deve avere la possibilità di imperare a camminare, di vivere e di esistere.
L’Áncora della Famiglia