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Gio, Mar
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Scuoto la testa

Società e cultura
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Ci sono gesti, posture, atteggiamenti che il nostro corpo assume, che si legano sequenzialmente ad uno stato d'animo,

al “modo di sentirsi” in un determinato momento, o al protrarsi di una condizione, di una situazione non voluta, subita nostro malgrado.

Sto pensando per esempio allo “scuotere la testa a destra e sinistra con gli occhi bassi” o all' “allargare le braccia volgendo gli occhi al cielo” in una rassegnata accettazione. Sono gesti che cogliamo soprattutto nell'anziano: in chi ha vissuto già buona parte della sua vita, sa come si concretizzerà il futuro perché intravvede la “porta d'uscita” e vorrebbe congedarsi da questa vita lasciando a chi rimane “qualcosa di meglio di quanto lui sia stato testimone”.

Sono gesti che, dicevo, denotano forse rassegnazione, forse sentimento di impotenza, sicuramente la tristezza di ch, rileggendo la storia della propria vita, teme per la strada intrapresa da chi la propria storia la sta costruendo ora. Ecco, ormai ho una certa età, ma, a Dio piacendo, la “porta d'uscita” per me non è ancora così prossima...eppure mi accorgo che ormai questi gesti a cui accennavo diventano sempre più parte del mio relazionarsi, soprattutto quando seguo i telegiornali nazionali per dare un'occhiata sul mondo.

Allargo le braccia davanti agli sconvolgimenti metereologici o sismici a cui la Natura sottopone ormai costantemente il nostro pianeta, ma scuoto la testa se penso che questo suo accanirsi probabilmente ce lo siamo  cercato, noi, consumatori irrispettosi, profeti del “carpe diem”, stimolati dalle ragioni dell'economia....ragioni che impediscono anche di di “tornare indietro” e che, anzi, utilizzano lo spirito  propagandato della “svolta green” per opzionare effimere soluzioni della “green economy”, nuova frontiera del mercato azionario. E poi c'è la guerra, ci sono.... le guerre, più di 59 conflitti in corso. Ma per noi, ora, c'è UNA sola guerra, quella combattuta tra l'Aggressore e l'Aggredito, tra l'oligarchia dittatoriale dell'Est e la “democrazia” Occidentale...i cattivi e i buoni insomma.

È una guerra che, per ora, vede noi cittadini occidentali spettatori, ma anche finanziatori. Anche in questo caso puntualmente, quotidianamente, spettacolarmente informati: i reportages dei corrispondenti di guerra, che impavidamente salgono sui Tank ucraini o scendono in trincea, le immagini carpite dai droni (nuovi protagonisti della bagarre) ci consentono di assistere alle azioni, ai bombardamenti, alla distruzione in diretta. Ecco, qui, in questo caso, posso solo scuotere la testa.

Scuoto la testa perché non accetto il volgere a spettacolo dell'evento drammatico per uno scoop giornalistico, perché non mi interessano le immagini del “tank sovietico distrutto dal drone” o dell'elicottero Sukhoi abbattuto, della nave ammiraglia affondata... non mi interessa quanti Leopard saranno inviati, o che tipo di missile sarà utilizzato. Le immagini, sì, delle quali sembra ormai indispensabile la visione per credere, per emozionarci o sconvolgerci. Immagini che non sono poi tanto diverse da quelle che propiniamo nei giochi digitali dei nostri figli, così comuni e fruibili, così realistici da oscurare la possibilità di differenziare realtà e finzione, la morte vera da quella simulata.

Vorrei che si considerasse maggiormente che oltre i civili deceduti, dentro ogni elicottero, carro armato, nella nave affondata, nelle trincee, ci sono uomini, in entrambi gli schieramenti. Quanti sono i soldati uccisi sinora in entrambe le divise? Sessanta, settanta, centomila? Sono solo i dati ipotetici: il segreto di Stato, l'orgoglio nazionale, non ci consente la certezza. Uomini, ragazzi, mariti che non torneranno alle famiglie. Una generazione depauperata dei suoi più vitali germogli.

Scuoto la testa davanti al lavorio mediatico di una informazione nazionale “a senso unico” che sta preparando le nostre coscienze ad accettare l'irreparabile, mascherando questo lavorio dietro i proclami dei leader politici della ricerca di una “pace giusta”.

Scuoto la testa dinanzi al convincimento che solo rifornendo di armi l'aggredito, che inneggia imprudentemente alla vittoria ed alla lotta si potrà arrivare alla pace. (“si vis pacem, para bellum”?). Sarà proprio così, sarà proprio questa la via? Scuoto la testa davanti all'ipocrisia di chi ha guardato altrove e continua a farlo, di fronte a tensioni sociopolitiche storiche, inveterate, tra popoli vicini, accettando il permanere ed il generarsi di crisi umanitarie indicibili, nell'unico interesse di mantenere qualche beneficio economico.

Non si doveva arrivare a questo punto! E comincio a pensare che in fondo abbia ragione il mio amico Gianni: “ci crediamo dèi, ma siamo solo come i batteri: saprofiti gli uni degli altri”. Così non mi resta che…allargare le braccia e davvero “volgere gli occhi al Cielo”. Patrizia, mia moglie, dice che “c'è un po' troppa rassegnazione” in questo testo. Ma qui si aprirebbe un altro capitolo, strettamente personale. Almeno delle nostre scelte, del nostro “pensare” ed agire possiamo ancora essere gestori?

Umberto Escoffier