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Abbattere la cortina di silenzio sul Congo

Società e cultura
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Qualche settimana fa a Roma presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana si è tenuta una conferenza stampa

di denuncia contro il silenzio sulla pluriennale destabilizzazione dello Stato della RDC ed in particolare delle province del Nord Kivu.

Sicuramente la visita del Papa ha dato forza e sprone nel chiedere ed ottenere la realizzazione di questo evento, dove ben 107 rappresentanti del mondo delle Ong, realtà missionarie come la nostra di Nichelino e Associazioni varie, che raccolgono anche la diaspora dei Congolesi in Italia, hanno sottoscritto la necessità di raccontare la verità sulla situazione presente in quei territori. Soprattutto si è voluto sollecitare la stampa tutta a scrivere, denunciare e disperdere la ormai esasperante cortina di menzogne che i canali informativi di molti, troppi Stati, tendono a diffondere.

L'appuntamento è stato aperto dal Presidente del FNSI Giuseppe Giletti che, sottoscrivendo le parole di Papa Francesco, ha ribadito la necessità di “dare voce a coloro che vengono oscurati. Se non diamo voce agli esclusi, non capiremo mai cosa succede nel mondo. Ci sono conflitti in atto ovunque... che sono diventati un buco nero nella galassia delle informazioni”.

Parliamo subito di numeri e sono numeri scandalosamente grandi che raccontano quanto si sta compiendo in terra congolese: si contano ad oggi circa 10 milioni di morti , di cui 6 sicuramente accertati da investigatori internazionali nel periodo 1993/2003, ma sono passati altri 20 anni e nessun altro intervento ufficiale ha voluto o potuto aggiornare la terribile “conta”; ben 6 milioni sono i profughi interni che migrano, sbandati, tra una Provincia e l'altra a causa di continui attacchi perpetrati dalle diverse sigle di bande di ribelli.

Il silenzio è complice e connivente perché tutti conosciamo quali sono le reali ragioni della belligeranza in corso: la volontà di mettere le mani sui tesori del sottosuolo congolese. Il Congo è condannato dalla sua ricchezza e coinvolge tutti gli stati tecnologicamente avanzati

È stato ribadito con estrema chiarezza dall'attivista Pierre Kabeza, costretto a fuggire dalla RDC dove era impegnato per i diritti dei bambini in età scolare. Per spiegare l'intreccio dei diversi coinvolgimenti Kabeza utilizza l'immagine simbolica dell'albero: “Le radici sono rappresentate dalle grandi potenze del mondo (e vengono citati Stati Uniti, Europa, Russia e Cina) i cui interessi sono difesi con l'invio di armi e reti di corruzione; il tronco dell'albero è costituito dagli Stati viciniori al Congo (Uganda, Ruanda, Zambia,Burundi, Angola) che si prestano all'avidità e ai soldi delle grandi potenze per entrare nei nostri territori; i rami sono costituiti dagli innumerevoli gruppi armati che imperversano, uccidono e terrorizzano. Linfa di tutto ciò? Gli innumerevoli interessi che si trasformano in ingressi economici per tutti gli Stati citati”.

Kabeza ha parlato anche del Rapporto Mapping, fermo al 2010: “una cartografia di tutti i crimini di massa compiuti a quella data e redatto dagli investigatori dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite contro i Diritti umani. Crimini che potrebbero essere qualificati come atti di genocidio. Lo scopo del Mapping era quello di denunciare e ristabilire la verità sulle uccisioni perpetrate. Gli attori di tali crimini sono diventati Ministri, Senatori, Generali e, anche, Capi di Stato.

Quel Rapporto è stato dimenticato. Perché? Perché il saccheggio del Congo è funzionale alle grandi multinazionali, favorisce la ricchezza dei Paesi industrializzati. Qui chiediamo che il Diritto Internazionale venga ristabilito istituendo un Tribunale internazionale che possa processare i crimini commessi e porre fine all'impunità di chi li ha perpetrati”

Con uguale determinazione e fermezza Micheline Mwendike, attivista dei diritti umani appartenente al movimento non violento LUCHA, ha chiesto la smilitarizzazione delle regioni del Nord e Sud Kivu togliendo spazi d'azione innanzitutto al gruppo M23 (noto a tutti come gruppo armato del vicino Ruanda): “La guerra ha fallito! la guerra consuma ogni rivendicazione ed aspirazione. La guerra per molti di noi è la sola storia della nostra vita. Il male è profondo ma il popolo congolese lotta e le sofferenze ci hanno reso più uniti: le “tribù” sono diventate un popolo”

La smilitarizzazione passa anche attraverso reti di recupero e reinserimento di migliaia di giovani che voglio uscire dalle bande armate. Padre Piumatti, missionario in Congo per 50 anni porta la triste situazione vissuta dai giovani, “costretti a divenire soldati già da bambini. Attualmente nessuna realtà è attiva per riaccogliere questi giovani stanchi e sbandati nella foresta”.

Le terre rare fanno del nostro Paese un Paradiso terrestre, ma noi viviamo nell'inferno – è la denuncia di John Mpaliza - abbiamo iniziato un lavoro contro l'accaparramento di risorse che ha dato vita ad una legge europea sulla tracciabilità dei minerali imperfetta e di difficile applicazione. Si chiede all'Unione di rivedere il dettato legislativo introducendo i nuovi minerali mancanti e sottratti al Congo e definirne una reale e severa attuazione”.

Lo scorso dicembre il Consiglio europeo ha accordato lo sblocco di 20 milioni di euro da destinarsi alle truppe ruandesi in Mozambico nella guerra contro i Jihadisti. Il sospetto, avanzato da Maria Arena - eurodeputata belga - è che la UE indirettamente possa essere responsabile dell'instabilità in Congo.

Insomma, la richiesta è di mettere fine all'ipocrisia di tutta la comunità internazionale che al prezzo di un numero terribile di morti, continua a perseguire i suoi interessi. Mantenere la terra del Congo nel caos sta diventando un business su cui si trovano tutti d'accordo.

Patrizia Ferrara