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Dom, Dic
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"Ti aspetto per un caffè..."

Società e cultura
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Senza che me ne accorgessi il tempo è volato e la rubrica “Ti aspetto per un caffè”, nata dall’idea di riappropriarmi di un po’ di tempo con mio figlio, è arrivata alla quarta puntata.

Siamo nel periodo di Natale e mi sembra doveroso fare gli auguri a tutti quelli che hanno prestato attenzione e hanno letto quanto ci raccontavamo io e mio figlio. Ma siccome” a Natale siamo tutti più buoni” voglio fare gli auguri anche a chi non ha letto la rubrica scambiandola magari per una trovata pubblicitaria di una nuova azienda di caffè.

Dicembre non è solo il mese dei regali, dei cenoni in famiglia, delle luminarie per le strade e le vetrine traboccanti di doni: è anche l’ultimo mese dell’anno e quindi il mese dei bilanci, dei ripensamenti, il momento giusto per fare il punto della situazione. Dove siamo e dove vogliamo andare?

Nel mio caso ad esempio questa piccola rubrica sperimentale ha avuto molti più aspetti positivi di quelli immaginati.  All’inizio ho dovuto superare una grande paura: quella di mettermi in gioco e rischiare anche di fallire.

L’arrivo dei primi messaggi da parte degli amici hanno fatto sparire le paure, lasciando spazio a uno dei sentimenti più genuini e entusiasmanti di tutto l’anno: i miei articoli entravano in punta di piedi nelle case dei Nichelinesi diventando uno spunto di riflessione tra genitori e figli. L’ altro effetto positivo è stato

che grazie a questa rubrica, un dialogo tra madre e figlio, ho avuto modo di rivalutare e capire qualcosa in più del mio rapporto con lui.

Prima dei nostri “caffè”, mio figlio, quando gli ponevo la domanda - “Come stai?” - era solito rispondere sempre - “tutto bene” -. Ora le nostre conversazioni si sono arricchite di sfumature, di aggettivi, di esempi e perché no anche di momenti toccanti. Col tempo si è fatta strada in me l’idea che quei “tutto bene” non erano altro che un modo da parte sua di tranquillizzarmi. Guidata da questa percezione una volta gli ho detto di getto: - Ma perché non mi hai chiesto aiuto? In cosa ho sbagliato?   Non hai sbagliato in nulla! -mi ha risposto - Il mio obiettivo era che tu fossi tranquilla. In fondo quelli che sono i miei problemi sono gli stessi della mia generazione. Trovo normale e forse anche giusto che tali problemi ti risultino poco chiari. Da parte tua non cerco risposte, perché forse non esistono, ma sicuramente” l’essere ascoltato, il sentirsi considerato è un regalo immenso”.

Ecco cosa mancava! Una frase che non fosse uno slogan.

L’esempio che riportavo prima “a Natale siamo tutti più buoni” è una frase nata dalla penna di un pubblicitario molto sveglio. Un altro clichè, ben collaudato: sono gli opinionisti, da salotto televisivo, che urlano quanto il Natale sia diventato una festa all’insegna del consumismo, una corsa al regalo più costoso, più aggiornato. E magari è anche vero, però ricordiamo che tutto questo è una scelta, non un obbligo. Il Natale per alcuni è una festa religiosa, per altri magari un periodo di ferie, ma il vero regalo che possiamo fare è avere un momento di ascolto sincero con noi stessi e la nostra famiglia, i nostri amici, i nostri colleghi e la nostra comunità.

Chiediamoci quando sia stata l'ultima volta nella quale ci siamo messi in ascolto di qualcuno. Quando è stata l‘ultima volta che siamo riusciti a far sentire a suo agio una persona, permettendole di esprimere liberamente i suoi sentimenti?

Mi piacerebbe congedarmi con una riflessione

Quest’anno, oltre ai doni, sotto l’albero, portate in casa anche il confronto e l’ascolto sincero. Inoltre a tutte quelle persone che, come me, hanno un piccolo sogno e magari hanno paura di esporsi, il mio consiglio è: prendete un caffè con una persona che amate per raccontargli il vostro progetto e poi buttatevi.
Buon Natale e buoni sogni a tutti.

Nadia Santo