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Dom, Dic
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"Ti aspetto per un caffè..."

Società e cultura
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Oggi vi voglio raccontare un aneddoto che considero una rivincita personale. 

Dovete sapere che, seppur negli ultimi anni il mio rapporto con la tecnologia sia migliorato, rimane ancora molto ostico. Ho iniziato ad avvicinarmi forzatamente al computer adeguandomi alle scelte della scuola italiana, che negli anni ha affrontato un graduale processo di digitalizzazione. Diciamo più semplicemente che non riempio più registri cartacei, ma registri elettronici. 

Una delle ultime diavolerie che ho dovuto imparare riguarda “google drive”, un sistema veloce per condividere con i colleghi i file che abbiamo sul computer.

Mi trovo quindi davanti allo schermo del pc cercando di imparare questo nuovo strumento, ma, come spesso accade, molte delle funzionalità non mi appaiono chiare. 

Quindi decido di chiedere aiuto a mio figlio che, pur essendo molto disponibile, cerco sempre di chiamare solo quando davvero non riesco ad andare avanti (un po’ per orgoglio, un po’ per paura di disturbare). Quello che mi affascina, ma che anche mi fa capire come questo mondo stia andando molto veloce, è la semplicità e la naturalezza con cui entrambi i miei figli riescono a utilizzare questi strumenti. Non per nulla li chiamano nativi digitali. 

Tornando alla nostra storia, mio figlio in cinque minuti non solo mi spiega le funzioni di tutti i tasti, ma riesce a catalogare tutte le classi dei miei allievi. Sorpresa dal fatto che ciò che credevo un lavoro lungo e difficile sia durato il tempo di preparare un caffè, mi rendo conto di quanto io risulti impacciata davanti al pc rispetto alle nuove generazioni.

“È vero mamma, la tecnologia non è il tuo forte. Ma vuoi mettere tutte le meraviglie del mondo offline che tu conosci e che loro si sono persi? - mi dice sorridendo - Per mondo offline intendo il mondo prima di internet. È vero che era tutto molto più lento e meno personalizzabile, ma tu hai conosciuto delle emozioni indescrivibili. Ad esempio quando mi hai raccontato che telefonavi a papà dalle cabine, facendo a gara contro il tempo che era letteralmente denaro. E qualche volta dovevi fare persino la fila! Oppure come puoi spiegare a un nativo digitale l’attesa che sembrava infinita e l’odore nitido e intenso appena si ritiravano le fotografie fresche di stampa? E fino a quel momento non avevi la minima idea se le foto fossero uscite bene o meno! Nel mio caso ad esempio la cosa che più mi manca è regalare la musica!”

Cosa vuoi dire?

“Ricordo che quando andavo alle medie amavo regalare i cd alle feste di compleanno. Ricordo che fin da ragazzino mi affascinava l’idea di “regalare” la musica preferita a una persona, nella speranza che durante l’ascolto dell’album potesse pensare a me. E anche se è vero che oggi i ragazzi hanno accesso a tutta la musica del mondo, non proveranno mai questa emozione che ricordo ancora bene”.

Ma quindi mi dai ragione, quando dico che era meglio prima?

“A dire il vero no! Io amo il progresso e sono incuriosito dal potenziale che possiamo raggiungere.

Penso però che gli strumenti devono essere progettati per essere a servizio delle persone e non il contrario. A volte si sente dire che i social ci rendono schiavi o che i giovani ne abusano, ma è nostra discrezione imparare a usarli bene e a nostro vantaggio. A volte addirittura cose apparentemente lontane riescono a condizionarsi a vicenda, come nel caso dei chirurghi. Si è scoperto ad esempio che chi in gioventù aveva la passione per i videogiochi risulta aver sviluppato una miglior coordinazione oculomotoria”.

La dissertazione di mio figlio è durata ancora un po’, in verità a volte mi perdo nel sentirlo parlare così trasognato. Quello che abbiamo davanti però non è una guerra generazionale, ma una meravigliosa opportunità di mettere a confronto due punti di vista differenti e ugualmente importanti.

Nadia Santo