- di don Riccardo Robella -
E finalmente siamo giunti a possedere la conoscenza tutta intera..!
Attraverso l’intelligenza artificiale, il metaverso, la genetica e tante altre belle scoperte possiamo dire di esercitare la signoria sul mondo. Abbiamo possibilità che i nostri genitori nemmeno potevano immaginarsi. Tutto procede per il meglio, siamo incanalati verso un radioso avvenire, l’uomo finalmente evolverà…
E perché allora la sensazione che abbiamo è quella di esserci persi qualcosa?
In fin dei conti non ci pare che il mondo stia andando come lo immaginavamo; basta guardare le nostre città e tutti lamentiamo un degrado urbanistico, ma soprattutto umano. Dove sono finite le maniere garbate? Ci scopriamo, nelle relazioni con gli altri, delusi ed arrabbiati. Fare un sorriso sembra, in questo contesto, un’impresa titanica, un’opera fuori dal tempo. Abbiamo sempre fretta e le notizie che ci arrivano ci fanno rimbalzare da una paura all’altra, da uno sdegno all’altro. Viviamo schiacciati su un eterno presente, dimentichi della nostra storia e preoccupati per un futuro che immaginiamo peggiore dell’oggi. Ma in realtà non siamo aperti al Futuro, quello con la F maiuscola, avendo buttato Dio fuori dalla storia, considerandolo un noioso orpello, inutile per determinare le nostre scelte. Abbiamo così affidato alla materia le dinamiche della vita del mondo e ad una presunta spiritualità una serie di dimensioni che oscillano tra il consolatorio e l’allucinato. E così siamo diventati schizofrenici, incapaci di fare unità in noi stessi; rischiamo di vivere una vita a settori, importanti o meno, a seconda del momento, ma senza una sintesi.
Ecco, è proprio di fare sintesi che abbiamo necessità: sì, ma come?
Pensando, mi sono venuti in mente piccoli suggerimenti, che non avranno la portata dell’intelligenza artificiale, ma magari potrebbero restituirci un po’ di buonsenso. Anzitutto, mi pare che la prima forma di riconnessione debba avvenire con noi stessi. Abituati a vivere sparati in mille dimensioni, abbiamo necessità di fermarci… ed ecco il valore fondamentale del silenzio. Mi pare indispensabile, nella nostra vita, trovare, quotidianamente, momenti d’inutilità e di silenzio. Sapete, pare che in questo contesto nascano anche buone idee…!
Una seconda riconnessione è quella che riguarda la bellezza. Ce ne siamo liberati troppo in fretta. Diciamocelo pure: ormai ci siamo abituati a vedere arte banale, leggere libri banali, ascoltare musica banale. Forse la riscoperta dell’arte “impegnativa”, sia essa visiva, uditiva o quant’altro ci porterà a riappropriarci del pensiero, con tutta la sua complessità: leggere Cervantes o Dante, ascoltare Beethoven o Chet Becker, osservare Michelangelo o Dalì non potrà che nutrire il nostro spirito. E pazienza se sono, di primo acchito, faticosi!
La terza connessione è con Dio: silenzio e bellezza, se siamo attenti, non possono che aprirci alla dimensione dell’incontro con l’Assoluto, che in Gesù diventa storia.
A tutto questo possiamo dare un nome: spiritualità! Ed è la forma più alta ed autentica dell’esistenza umana, terribilmente scomoda per tutti quelli che ci vorrebbero automi al sevizio della mera produzione, convinti che nella nostra vita, in fondo, non possiamo aspirare alle cose più alte, ma dobbiamo accontentarci della mediocrità, non considerando che siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio.
È importante questa dimensione? No!
È semplicemente indispensabile.
Se l’Occidente vuole salvare se stesso deve ripartire da qui, da questa prospettiva per l’uomo.
Altrimenti termineremo l’esistenza della nostra civiltà nel metaverso, mangiando pomodori che, per carità, saranno magnifici, ma avranno il gusto amaro del geneticamente modificato, e non il sapore del genuino… Ma la cosa peggiore sarebbe pensare, con amarezza, di divenire anche noi degli OGM, strabelli, straimpegnati, ma senza un’anima. E questo non deve succedere!
Ma è una cosa che possiamo decidere solo noi.
Don Riccardo Robella