Il primo viaggio in Congo nel 2009 fu per noi come il viaggio dell'esploratore, di chi - per la prima volta - posa lo sguardo su una realtà davvero diversa e lontana dal suo ordinario.
Fu il viaggio della curiosità, dell'incomprensibile, al quale tenti, ingenuamente, di dare delle risposte. Ma fu anche il viaggio dell'incontro con la realtà opprimente, subdola e annientante della canna del fucile che detta legge.
Andando nel Nord Kivu sapevamo dell'ingombrante presenza dei soldati sul territorio: drappelli di soldati del FARDC (truppe regolari della RDC – Repubblica Democratica del Congo) e reparti della MONUSCO, le forze Peacekeeping dell'ONU, in quei mesi affidate ad impauriti pakistani asserragliati all'interno delle loro zone di accampamento.
I territori, molto vicini al Ruanda, minacciavano di nascondere – all'interno delle foreste – gruppi di militari allo sbando reduci ancora del massacro del 1994 e bisognava stare in allerta.
In realtà lo sconfinamento di uomini armati sembrava avere ben altra origine, da ricercarsi in tentativi di conquista da parte del Ruanda di territori appetibili, collocati, appunto, nella regione del Nord Kivu, distante 2000 km. di strade sterrate ed impraticabili dalla capitale Kinshasa e dimenticata dal Governo centrale.
Eravamo due famiglie con quattro figli allora adolescenti in visita ad una Missione. Ricordiamo lo sguardo spaventato, preoccupato e gli occhi in lacrime (delle ragazze) nel vederci circondare da questi giovani dallo sguardo serio e duro che salivano sulla jeep, rovistavano tra i bagagli e chiedevano i documenti.
L'ingresso in territorio congolese fu così inaugurato da una serie di improvvisati check-point dove era la fame del soldato a farla da padrone e il fucile il suo strumento per soddisfarla: un pacchetto di sigarette, alcuni spiccioli, il pedaggio veniva così pagato e si poteva proseguire.
Il villaggio di Muhanga, ancora più a Nord della regione in questione, è sovrastato da una collina dove un accampamento di capanne è collocato in pianta stabile, ma stabili non sono gli occupanti.
Nel 2009 era presente l'esercito regolare, nel 2012 i guerriglieri May May, nel 2015 il gruppo degli Nduma. Qualunque fosse la loro origine come gruppo armato, il comportamento nei confronti dei civili era assolutamente lo stesso: passare tra le capanne e depredarle di quel poco che avevano, passare tra i campi coltivati e sradicare dal terreno poveri tuberi di manioca, vianzi e taro', oppure derubare l'unica gallina presente nel cortile della capanna od entrarvi per impossessarsi dei preziosi porcellini d'india
La curiosità iniziale si trasformò anche per noi in ordinario timore per la soffocante presenza che richiedeva attenzione, circospezione e soprattutto non permetteva ai nostri figli di girare da soli
Questa è però la quotidianità vissuta dai civili in moltissime regioni della Repubblica democratica del Congo. Occorre, purtroppo, dire che da quel 2009 anche in questo caso la situazione è andata progressivamente deteriorandosi assumendo contorni di spietata e sanguinaria violenza.
In Congo si contano più di 170 bande armate di cui 120 collocate nelle provincie del Sud e Nord Kivu e nell'Ituri. “Dal 2017 ad oggi, si sono verificati 5.595 rapimenti e 3.757 episodi di violenza che hanno fatto 4.276 vittime – si legge in un rapporto di Salute Internazionale del marzo 2021 - Bande di tagliagole saccheggiano, rapiscono, violentano, uccidono, poi spariscono nella foresta. L’esercito “regolare” non è di aiuto. I suoi soldati, poco addestrati e mal pagati, sono più inclini all’abuso che alla protezione, spesso collaborano con i ribelli. Alcune bande sono capeggiate e costituite da militari disertori”.
Cito i gruppi armati più tristemente conosciuti. ADF NALU - Forze Democratiche Alleate, di ispirazione islamica, si è formato nella vicina Uganda. È un gruppo particolarmente crudele e capillarmente presente nel Paese, ma la situazione di gran lunga peggiore è proprio quella dell'area di Butembo Beni, da noi sempre percorsa per raggiungere il villaggio di Muhanga in foresta.
In quella zona è presente anche un'altra importante milizia, conosciuta con l'acronimo di FDLR (Forze democratiche per la liberazione del Ruanda), presumibilmente responsabile dell'assalto all'ambasciatore Attanasio. Anche questo gruppo è particolarmente numeroso e spesso tragicamente operativo con assalti e scontri a fuoco con l'esercito regolare proprio nelle zone attorno a Muhanga e Bunyatenge.
Entrare nelle fila dei guerriglieri è un atto di libera scelta, determinato sicuramente da una situazione di deprivazione totale in cui il potere dell'arma (anche se il più delle volte è il machete lo strumento più ordinario di morte) garantisce un pasto al giorno. Oppure è una costrizione: i giovani, spesso bambini, vengono forzatamente obbligati a seguire i soldati e condotti nella foresta dove vengono addestrati al saccheggio e agli assalti nei villaggi.
Perché si osserva uno scenario di così dilagante violenza e di attacco alla popolazione inerme? Chi arma questi uomini abbrutiti da secolari inganni e mai accolti nella loro originaria umanità?
Potremmo citare nomi di Stati Europei (come il Belgio, l'Olanda, la Francia...) ma anche l'America, la Cina, la Russia o il vicino Ruanda, grande esportatore di materie prime utili all'Occidente, importate illegalmente dal Congo. Ma non si può provare nulla, tutto avviene clandestinamente e spesso con il benestare di figure istituzionali corrotte
Lo scopo delle bande armate è quello di terrorizzare la gente, cacciarla e costringerla ad abbandonare le zone individuate come possibili luoghi di sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo. Oro, legname, carbone, coltan e cobalto vengono prelevati e contrabbandati fuori dalle zone di conflitto. Azione questa da molti interpretata erroneamente come conseguenza di tensioni etniche o religiose: comoda giustificazione alle coscienze.
Difficile convincerci che qui si possa “restare umani”, l’umanità sembra essersi veramente smarrita…sembra essere rimasto solo l'animale: quello armato e quello, invisibile, che arma.
Come è stato dichiarato durante un’iniziativa dal titolo “non spegniamo le luci sul Congo”, promossa in occasione dell'anniversario della morte di Luca Attanasio: “Da decenni è buio profondo nella Repubblica Democratica del Congo. È calato il buio sulla democrazia, sui diritti, su quello primario della vita, su quelli essenziali come la salute, il cibo e l'istruzione. Ma, soprattutto, è calato il buio sulla Pace”
Patrizia Ferrara