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Stiamo in guardia sulla "cancel culture"

Società e cultura
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- di don Riccardo Robella -
Nell’antica Atene c’era un sistema di controllo della democrazia: l’ostracismo.

Funzionava più o meno così: se si pensava che un personaggio potesse mettere a rischio la città si votava, scrivendone il nome su un coccio (òstrakon) la volontà di allontanarlo o meno. Se la maggioranza votava a favore, il soggetto si trovava esiliato per un periodo dalla città. L’intento, nobile nelle intenzioni, non fu immune da brogli, vendette personali e meschinerie.

Se dovessimo pensare ad una forma di ostracismo moderno dovremmo solamente sostituire il coccio d’anfora con la tastiera di un computer o di uno smartphone. Nel mondo anglosassone, da almeno una decina d’anni è in voga un termine controverso: “cancel culture”. A dire il vero, nessuno sa darne una definizione precisa, perché queste parole riassumono una marea di significati. Traducendo alla buona potremmo dire che si tratta di una sorta di boicottaggio virtuale per isolare l’autore di atteggiamenti ritenuti esecrabili. Facciamo un esempio sciocchino, ma che può farci capire: un attore dice che il Toro è una squadra che dovrebbe giocare in serie C… Il popolo granata, indignato, fa partire via internet un boicottaggio dicendo che non bisogna più andare a vedere i film di quell’attore che si trova così cancellato (da granata dico meritatamente) e dovrà chiedere scusa.

Anche in questo caso l’intento può essere nobile: internet infatti permette di dare voce a tutte quelle minoranze che altrimenti non potrebbero difendersi o aver giusta riparazione per un torto subito. Ma siccome viviamo nel mondo non possiamo non porci alcune domande.

E se qualche movimento di pensiero ideologizzato potesse prendere anche questo spazio per determinare una forma di cultura polarizzata? E se questa modalità d’azione fosse utilizzata come gogna mediatica per far fuori personaggi sgraditi? Ma soprattutto, non corriamo il rischio di impoverire in questo modo il dibattito, generando una semplificazione dei problemi che può portarci ad una regressione culturale? Non si tratta di quesiti banali. Ogni nostra azione è portatrice di una serie di conseguenze. Laddove una corrente culturale riuscisse a monopolizzare gli spazi, l’esercizio della cancel culture potrebbe esercitare una sorta di totale censura su un qualsivoglia pensiero altro, riducendo o eliminando la possibilità di dibattito, che è il modo attraverso il quale crescono il pensiero e la democrazia.

Senza demonizzare le nuove forme di comunicazione, mi pare però che si debba esercitare un vigile senso critico per non trovarci poi incapaci di poter esprime un sereno e libero giudizio sui fatti e sulla storia. Non vorrei che un domani dovessimo stracciare parte della Bibbia, perché qualcuno ha deciso che non bisogna più leggere le lettere di quel brutto cattivo e misogino di San Paolo. Scherzi a parte, se non siamo vigili corriamo il rischio di fare la fine di Danton e Robespierre i quali, dopo aver tanto ghigliottinato, sulla ghigliottina ci sono finiti ad opera di rivoluzionari più rivoluzionari di loro.

Un ultimo aspetto della cancel culture, in questo momento ancora marginale, ma che non dovremmo sottovalutare nella sua futura problematicità, è quello di chi, in nome di una forma di revisionismo storico, tende a distruggere tutto ciò che non è in linea con la cultura politicamente corretta. Non credo che sia saggio, per proteggere dal male le persone, precludere la conoscenza di come certi processi siano avvenuti. Per poter condannare Hitler, il suo pensiero devo conoscerlo e non è che nascondendolo o eliminandolo si rendono gli uomini più buoni… li si rende solo più ignoranti e quindi manipolabili. O non è che abbattendo la statua di Churchill noi vendichiamo i suoi torti nei confronti dei popoli colonizzati; ci precludiamo solamente la possibilità di esercitare un pensiero critico ed intelligente sul passato.

“Noi siamo come nani sulle spalle di giganti”, diceva Bernardo di Chartres. Possiamo vedere più lontano perché abbiamo un mondo che ci ha preceduto e ci sorregge, ma se ci sbarazziamo dei giganti, restiamo solo nani…con il rischio, per giunta, di essere miopi.

Don Riccardo Robella

Parroco