A gennaio il Primo Ministro Gentiloni ha firmato il decreto sui nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza, con grande risalto da parte dei media ("Vaccini gratis per tutti" e via dicendo…).
Con i nuovi Lea passa però purtroppo anche un’estensione del settore "socio-sanitario" che viene allargato a tutte le persone malate e non autosufficienti.
La compartecipazione al costo delle prestazioni socio-sanitarie domiciliari (a casa propria), semiresidenziali (centri diurni) e residenziali (esempio le Rsa) riguarda adesso tutte le persone non autosufficienti e non più i "soli" anziani cronici e le persone con disabilità gravi e non autosufficienza.
L'estensione della sanità pubblica a pagamento (che va ben oltre il ticket sanitario) interesserà quindi tutte le persone colpite da patologie invalidanti gravi.
Fino a ieri un quarantenne che, ad esempio, a causa di un incidente stradale riportava lesioni gravi che avevano come esito una condizione di non autosufficienza doveva essere curato a carico della sanità per l'intero percorso di cure, senza limiti di durata; così anche un malato di Parkinson (o un malato di Sla o altra tipologia) con meno di 65 anni che aveva perso l'autonomia per l'aggravarsi della sua situazione clinica.
Invece con l'approvazione dei nuovi Livelli essenziali la persona non autosufficiente sarà dirottata nel settore socio-sanitario e chiamata a sostenere, dopo i primi 30 o 60 giorni di degenza a totale carico del Servizio sanitario, parte del costo delle prestazioni (in genere il 50%). La contribuzione del paziente sarà commisurata - come purtroppo prevede il nuovo Isee - non solo sulla base della propria situazione economica, ma anche sulla base delle risorse e dei beni di eventuali coniugi e figli conviventi e non conviventi (se non bastano integra il Comune/Consorzio).
Altro aspetto preoccupante dei nuovi Lea, sempre al riguardo del comparto socio-sanitario, è il preminente ruolo che viene riconosciuto alle cosiddette “Unità di valutazione multidimensionali” (anche dette Unitá valutative geriatriche o Unitá valutative handicap). Si tratta di Commissioni miste con professionalità della sanità e del sociale che in realtà dovrebbero solo svolgere un ruolo tecnico di accertamento delle condizioni complessive di salute e dei relativi bisogni, ma che da ora potranno essere sempre più strumento in mano alle Asl per l'inserimento dei pazienti - pur valutati non autosufficienti - in liste di attesa ("liste di abbandono"?), come peraltro avviene in parte già oggi (oltre 32mila in Piemonte).
L'estensione del settore socio-sanitario a tutta la popolazione, con la riduzione delle tutele per chi è nella condizione di non autosufficienza, appare quindi un espediente per far pagare le prestazioni di cura ai pazienti (e alle loro famiglie) o per parcheggiarli nelle liste di attesa.
Col prioritario obiettivo della riduzione della spesa ed il pretesto dell'integrazione tra attività sanitarie e sociali, prosegue dunque il processo di espulsione dei cittadini dal pieno comparto sanitario.
Tale intento è iniziato nel 1985 con l'individuazione delle «attività di rilievo sanitario connesse con quelle assistenziali», ed è confluito nel primo decreto sui Lea, il Dpcm del 29 novembre 2001, che – su pressioni anche dell'Utim - venne impugnato al Tar del Lazio da alcuni Comuni (tra cui Nichelino) anche per il fatto che coinvolgeva gli enti locali al pagamento dell'integrazione della "retta alberghiera" senza prevedere nuove risorse.
I ricorsi peraltro ebbero due effetti: uno, rendere legge il Dpcm sui Lea tramite l'articolo 54 della legge finanziaria 2003, prevedendo però la garanzia delle prestazioni socio-sanitarie in capo al Servizio sanitario; due, il riconoscimento delle risorse per i Comuni con legge 296 del 2006 che istituiva il "Fondo per le non autosufficienze".
I nuovi Lea, recentemente approvati, sembrano portare lo stesso vizio del precedente decreto: una modifica significativa della Sanità pubblica che, a nostro avviso, non può essere formalizzata con un semplice decreto amministrativo (Dpcm). Per il rispetto della gerarchia delle fonti normative occorreva e occorre una legge approvata dal Parlamento. Per questo motivo l'Utim assieme ad altre organizzazioni, sta valutando, tra le altre cose, se e come presentare ricorso al Tar del Lazio.
Giuseppe D'Angelo
UTIM Nichelino