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Storia di Sammy

Etica
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Un improvviso malore se l’è portato via, si chiamava Sammy Basso, aveva 28 anni.

Sammy era affetto da progeria, malattia rara conosciuta come sindrome da invecchiamento precoce. I segni di questa malattia si erano manifestati poco dopo la nascita ed erano stati confermati all’età di due anni. Quella malattia rende la vita molto breve, lui è stato uno dei malati più longevi: 28anni.

Si è impegnato moltissimo partecipando a dibattiti televisivi, scrivendo saggi, fondando con amici e genitori l’associazione italiana “Progeria Sammy Basso”, per far conoscere la malattia in Europa e negli Stati Uniti.

Ha facilitato le esperienze e lo scambio di conoscenze tra medici e ricercatori, impegnati nella cura della progeria. Aveva conseguito la laurea in biologia e con 110 e lode anche quella in scienze naturali all’università di Padova (2018) con una tesi sulle possibili cure per mezzo dell’ingegneria genetica. Tre anni dopo si era specializza in Biologia molecolare con una tesi sul rapporto tra progeria ed infiammazione.

Sammy ai suoi amici, malgrado la gravità del male, si premurava di ricordare con parole e fatti che la vita è bella e degna di essere vissuta. La sua famiglia, che definiva “una grande squadra” lo circondava di amore, una ricetta che vale per ogni persona, una medicina che fa bene sia agli ammalati che ai sani: è una grande difesa contro gli assalti della disperazione e di una certa cultura della morte che si fanno sempre più strada nelle società post- cristiane.

Altra medicina: la riconoscenza. “Sin da piccolo – raccontava alla rivista Gente veneta - ho conosciuto i più grandi centri di ricerca al mondo e sono stato più volte in ospedale. Ho conosciuto molti grandi medici e ricercatori. Devo riconoscere di aver visto la bontà di tante persone: spesso si pensa che il mondo sia cattivo, e per certi versi è vero, ma ho sperimentato quanta gente si è messa in cammino per aiutarci”.

Mamma Laura intervistata qualche anno fa dal Corriere della Sera: “È lui che aiuta noi, con la sua forza, la sua determinazione e la sua ironia. Non si arrende mai, trova sempre in sé stesso e nella fede in Dio le energie per farcela”. L’impegno massimo nello studio e nella ricerca non era fatto solo per sé, ma erano guidati dall’amore per gli altri feriti dal suo stesso male.

Era fermamente convinto della forza che nasce dal connubio tra Fede e Scienza. Nato in una famiglia cattolica, ha vissuto in pienezza animato dalla virtù della speranza: “La fede è la parte principale, la più intima di me stesso. Potrei dire qualsiasi cosa su di me, ma se non dicessi che ho fede è come se non dicessi niente. Sono credente e spesso magari mi viene anche chiesto come si fa a credere nonostante una malattia genetica così rara. Per me, però, Dio è così grande, cioè una realtà talmente oltre ogni portata, che veramente ogni cosa scompare, perché credo che Dio mi ha dato una vita, mi ha dato una famiglia, mi ha dato degli amici, mi ha dato un mondo dove stare e queste sono tutte cose molto più importanti, molto più grandi di quelle che una malattia può togliere”.

In un’intervista su TV2000 diceva: “Della fede cristiana mi piace proprio questo: il fatto che tutti noi fedeli dovremmo cercare di assomigliare a Dio, tenendo però conto che Lui ci ha reso il compito facile, perché è Lui che ha voluto assomigliare tantissimo a noi, ha condiviso ogni cosa con noi: dalla festa al dolore, alla morte”. Sammy sapeva che la sua malattia gli avrebbe dato pochi anni da vivere, ma non si autocommiserava, anzi accettava sentendosi unito alla passione del Cristo che invocava come «il mio Salvatore». Era convinto che la salvezza vada “oltre ogni barriera religiosa e che valga anche per gli atei”. Devoto di S. Francesco indossava il tau. Ora è lassù nella gloria di colui che ha detto “se qualcuno vuole venire dietro di me prenda la sua croce e mi segua”.

Marcello Aguzzi