14
Dom, Dic
97 New Articles

Tra memoria e ricordo...il silenzio

Etica
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times

Le abbiamo distinte “giornata della memoria” e “giornata del ricordo”. Per opportunità? Per differenziare i percorsi che le hanno originate?

Nate in due anni diversi, la prima nel 2000 e la seconda nel 2004 ci riportano entrambe ad una forza annientatrice, ad una volontà di sopraffazione dell'altro: distruggere, eliminare, sradicare un pensiero, una presenza ingombrante

Ma cosa significa avere memoria? Leggiamo: “non è semplicemente ricordare il passato. Fare memoria è conoscere le storie del passato perché quelle storie diventino nostre. È provare empatia con quanto accaduto, perché si possa arrivare, di conseguenza, a cambiare noi stessi”.

“Cambiare noi stessi.......” si suppone in meglio. Ma è così?

Possiamo forse dire che i percorsi errati e/o le scelte insane compiute, inconsapevoli o colpevoli, rappresentino davvero un'esperienza capace di guidarci in un tempo di rinnovato cambiamento?

Gli eventi di questi ultimi periodi turbano ed inquietano. La potenza aggressiva delle azioni che si stanno compiendo negli ormai noti scenari di guerra è nutrita dall'odio. La memoria, mai pacificata, né addormentata, sembra sviluppare una reazione così devastante che nella vendetta trova il suo nutrimento esclusivo

In un'intervista del 2020 Gabriele Nissim, giornalista e scrittore ebreo, a proposito di Memoria si trovò a dire: “Il MAI PIÙ promesso dal fare memoria deve riguardare tutta l'umanità. (…) La prevenzione deve passare dall'analisi dei germi del male, che sono insiti in una cultura. Bisogna educare gli individui a riconoscere i meccanismi del male che oggi prendono forma, nella cultura del nemico e nella negazione del dialogo”.

E in un'intervista ancora più recente aggiunse: Ritengo che un essere umano oggetto di un crimine, si trovi di fronte a un bivio: farsi condizionare da questo crimine, o trovare la risposta migliore, quella di non odiare. Certo non si può chiedere alla persona che ha subito il torto di perdonare l’altro, ma quello che si può intraprendere è non farsi prevaricare dalla catena dell’odio”.

Nissim è stato promotore nel 2017 della “Carta della responsabilità”. Intento di questo documento, riconosciuto e sottoscritto da molteplici personalità istituzionali, è “voler riaffermare il valore della pluralità e della non violenza in contrapposizione alla cultura dell'odio e del nemico”.

Ora, le vicende del mondo ci stanno raccontando ben altro: la cultura del nemico e dell'odio nei suoi confronti ha messo radici profonde, è diventata “memoria ostile” da trasmettere di generazione in generazione e l'apoteosi finale non potrà che essere... un bagno di sangue.

Ma il sangue che irrora la terra, la feconda solo di altro odio e tutto questo non avrà mai fine. Il richiamo imbarazzante ad una “Pace giusta” che, come fastidioso intercalare, sentiamo ripetere dagli addetti alla diplomazia è un conio verbale significativo del nulla, soprattutto se accompagnato da un intenso e alacre approvvigionamento di armi.

I conflitti attuali nascono da accordi precedenti forzatamente sottoscritti dalle parti, dettati da coloro che sul Tavolo dei firmatari hanno avuto maggior peso politico ed economico senza, peraltro, voler veramente tutelare territori, culture e diritti delle minoranze.

Un antico proverbio balcanico recita “L'odio dorme in una tana di neve. Temi ogni giorno che si leva il sole”. Negli anni Novanta, per esempio, la guerra dei Balcani si svolse nell'indifferenza, nei ritardi e nelle esitazioni della Comunità Internazionale, per giungere ad un accordo di pacificazione nel 2001. Ma quell'accordo non ha di fatto pacificato le tensioni, che sono pericolosamente riemerse nella scorsa estate.

Negli ultimi tre anni la Comunità Internazionale è, invece, impegnata al riarmo, con il ripetuto incipit “per garantire il diritto a difendere il territorio e la nostra libertà”. In Italia è dello scorso 18 gennaio il passaggio del primo voto al Senato del DDL di modifica della Legge 185/90 per ridurre il controllo e la trasparenza sulle esportazioni di armamenti.

I conflitti si moltiplicano, gli imprenditori d'armi hanno intensificato le loro produzioni e il loro potere contrattuale sul piano politico ed è incredibile il nostro silenzio. Da ormai tre anni riceviamo notizie, spesso distorte, sciorinate con meticolosa dovizia, tali da assuefarci alla cosiddetta versione “politicamente corretta” e forse prepararci ad accettare, rassegnati, quello che il futuro ci riserverà...

Consentiteci di non tacere, unica cosa che noi persone comuni possiamo e dobbiamo ancora fare: non tacere e non allinearci, quando necessario, al “comune pensiero”.

Silenzio ed indifferenza diventano responsabili quanto l'agire di chi utilizza la propria forza per uccidere. Le nostre informazioni televisive ci hanno insegnato a “dribblare” tra la sofferenza di un teatro di guerra e la leggera vacuità di una notizia di spettacolo. Per non turbarci troppo? Non può bastare cambiare canale per allontanarci dalla realtà di una Pace in dissoluzione

Patrizia Ferrara