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Dom, Dic
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Incontrarsi in un abbraccio

Etica
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Il suo nome è Monday, sì “Lunedì”, perché proprio in quel giorno è nato in Nigeria circa quarant'anni fa.

Monday è un uomo buono, sorridente, paziente e rispettoso.

Staziona il sabato mattina davanti al cimitero cittadino e con le mani giunte e il sorriso sul volto ripete incessantemente “Buongiorno!”

Ci siamo conosciuti così due anni fa, ma era presente anche prima del Covid, solo che due anni fa, nel vederlo riapparire mi sono avvicinata ed è iniziato il nostro dialogo settimanale con il racconto del suo quotidiano difficile: una famiglia da sostenere, una casa dall'affitto troppo alto e il lavoro perduto durante il Covid. Ma Monday non si perde d'animo, si presta a piccoli lavoretti e cerca di onorare sempre i suoi debiti

Macina chilometri con la sua bicicletta e sabato scorso mi stava proprio raccontando il suo dispiacere per essere stato derubato del suo mezzo di trasporto, quando da un'auto appena arrivata al parcheggio, scende un bambino che gli grida un gioioso “Ciaoooo!” e correndo gli salta al collo. Lo abbraccia e si fa abbracciare. Un abbraccio prolungato, il bambino si fa avvolgere dalle braccia di Monday, tiene gli occhi chiusi e affonda il volto nel suo petto e, intanto, il sorriso gli illumina il viso.

Osservo con commozione questo incontro che restituisce a me la certezza che altri ne sono avvenuti precedentemente.

Intanto si avvicinano i suoi genitori e il bambino prende dalle mani della mamma un giubbotto: “Tieni, questo è per te! Ti piace?”

Stefano ha dieci anni e la naturalezza e spontaneità del suo gesto d'affetto hanno saputo trasmettere un tale calore che non ho potuto fare a meno di complimentarmi con lui “Bravissimo Stefano, tu hai capito che il mondo si incontra anche così: abbracciandolo!”

Martin Buber, filosofo di stirpe rabbinica scrisse “il mondo non è comprensibile, ma è abbracciabile” e quel bambino mi ha restituito la verità di quest'affermazione: la cosa più importante non è capire, ma abbracciare

L'abbraccio è una delle espressioni umane più intense di reciprocità, più dense di desiderio di incontrare l'altro.

Nel gesto dell'abbraccio si condensa per intensità e calore tutto quello che le parole non sanno tradurre.

Farci così vicini agli altri, toccandoli, non significa invadere o “consumarli”, quasi fossimo in grado di ridurre l'altro ad oggetto. Quando ci stringiamo al petto dei nostri amici, ecco, quegli abbracci ci fanno “sentire” l'ampiezza e il calore dell'incontro.

Parla di abbracci anche il Cardinale José Tolentino de Mendonça nel suo ultimo libro “Amicizia. Un incontro che riempie la vita” Edito da Piemme.

“Esiste una tipologia vastissima di abbracci, e ognuna di esse insegna qualcosa di quello che un abbraccio può essere: accoglienza e commiato, congratulazioni e lutto, riconciliazione e gesto di cullare, affetto tra amici o passione amorosa. Vi ci riconosciamo tutti: in abbracci quotidiani e straordinari, abbracci drammatici o trasparenti, abbracci inondati di lacrime o di puro giubilo, abbracci di persone vicine o distanti, abbracci fraterni o innamorati. (…) In principio fu l’abbraccio, se pensiamo al grembo che nella prima infanzia ci nutrì. Questa è stata per noi tutti la prima e riconfortante forma di comunicazione”.

“L’abbraccio è una lunga conversazione che si fa senza parole. Tutto quello che deve essere detto viene sillabato nel silenzio, e accade allora una cosa che è talmente preziosa e, in fin dei conti, talmente rara: senza difese, un cuore si pone in ascolto di un altro cuore”

Ecco, Stefano, che cosa mi hai restituito osservandoti

Nella spontaneità del tuo abbraccio generoso hai abbattuto confini, hai annullato barriere e diffidenze. Tu hai donato e ricevuto: tutto condensato in un gesto.

In questo tempo di dichiarazioni ostili dove la parola abbonda nel tentativo di dividere e il gesto si trasforma in azione di vendetta che annienta, l'abbraccio di un bambino e di uomo così diversi e così lontani mi hanno confermato che l'Umanità è e resta una sola! 

Patrizia Ferrara