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Dom, Dic
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Perchè quest'onda non si ferma

Etica
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L'ondata migratoria degli ultimi mesi, culminata a settembre 2023 con l'approdo in un solo giorno di circa 7000 a Lampedusa,

ha scosso, disorientato e dissolto patetiche certezze: poter arrestare il movimento migratorio di migliaia e migliaia di umani verso luoghi di maggiori opportunità per il loro futuro.

Non metto in dubbio le difficoltà nel gestire questi arrivi, organizzare le ricollocazioni sul territorio nazionale per liberare l'hotspot lampedusano chiamato ad intervenire con mezzi di fortuna, stante la situazione di rimpallo istituzionale. Lavoro improbo, quest'ultimo, demandato a Regioni e Comuni

Perché tutti questi migranti in arrivo? Non possiamo accoglierli tutti! Questo il refrain che emerge ad ogni discussione

L'emergenza migranti fa accendere i toni e, soprattutto, dà fiato ad affermazioni di ogni genere:
- “Il nostro continente non si chiama più Europa, ma Eurafrica” afferma Gad Lerner che, oltre al “botto” mediatico, non significa niente.
- “Stiamo assistendo ad una transumanza dall'Africa all'Europa” il che trasforma i migranti in mandrie di non so quale specie.
- “Se entrate illegalmente in Italia, sarete trattenuti e rimpatriati” e si invoca il respingimento in massa dei migranti e la “difesa dei confini esterni”.

Che cosa determina l'illegalità?
Forse la decisione di affidarsi al “mercato nero dell'emigrazione” senza visto o con documenti contraffatti, perché questo è il primo anello criminale della catena con il quale iniziano ad arricchirsi i mercanti di uomini?

Affrontare consapevolmente un viaggio rischioso e, magari, annegare, solo perché quelle linee di confine non possono essere altrimenti superate?

Poter fare richiesta di asilo politico e lavoro e scoprire che oltre ad aver rischiato per essere stati privati della libertà di movimento verrà anche meno il diritto di richiedere la protezione internazionale e le annesse tutele?

Lo Status di rifugiato è la prima e più importante forma di protezione internazionale che viene garantito a coloro che fuggono da zone di conflitto o persecuzioni.

Poi abbiamo una ben più alta percentuale di richiedenti asilo per motivi economici e climatici e su questi volgiamo gli occhi da un'altra parte.

L'Organizzazione mondiale per le migrazioni (OIM) stima che ci potranno essere 200 milioni di migranti climatici nel mondo, entro il 2050, ma per le Nazioni Unite non esistono e neanche per l'Europa, evidentemente.

Si è appena celebrata la 109ᵃ Giornata del Migrante e del Rifugiato e il messaggio di Papa Francesco condensato nello slogan “Liberi di scegliere se migrare o restare”, redatto sicuramente prima di settembre, racconta tutta l'evidenza delle nostre contraddizioni che hanno reso forzatamente illegale questo movimento umano

Entra in campo una seconda e amarissima riflessione: Liberi di scegliere se restare... ma restare dove? Questa libertà è già andata perduta grazie al mondo occidentale che si affretta a definire illegale un “non avente diritto di asilo”, ma sorvola spudoratamente sull'illegalità dei suoi traffici verso il continente africano.

Vogliamo stendere un breve elenco?
Incompleto, per giunta:
- “landgrabbing”, l’accaparramento incontrollato di terre, soprattutto agricole, sottratte alle popolazioni locali e destinate ad altri usi;
- sfruttamento, altrettanto incontrollato e devastante, di materie prime (terre rare) utili all'industria hitech;
- sfruttamento di foreste con il commercio non regolarizzato di legname e successivo utilizzo dei terreni con monocolture rivolte alla produzione di biocarburanti;
- insediamenti industriali senza alcun controllo sugli sversamenti dei residui di fabbricazione.

Ma non basta

All'Africa ci rivolgiamo abitualmente per “scaricare” letteralmente il nostro pattume industriale come quello dell'hitech, ma sta diventando motivo di pericolo ambientale anche lo smaltimento dell'abbigliamento sintetico. E dove si getta? Le principali discariche sono nel deserto di Atacama, passando dal porto di Iquique in Cile o nella baia di Accra in Ghana che già ospita la discarica hitech ad Agbogbloshie, ora letteralmente invasa da tonnellate di vestiti abbandonati sulla costa.

Gli unici beneficiari sono, ovviamente, gli importatori che guadagnano sullo smaltimento dei beni inviati dall'occidente. Un fast-fashion che inquina ed uccide, ma ha già contaminato ed ucciso nella fase di produzione dei capi di vestiario. Cina, Bangladesh e Vietnam sono i luoghi di maggior produzione dei vestiti sintetici, una delle industrie più inquinanti.

E ancora...provate solo ad informarvi su cosa accada a Dandora, distretto di Nairobi in Kenia, la più grande discarica di plastica proveniente principalmente dagli Stati Uniti.

Liberi di restare? Credo che sia più corretto dire “condannati a morire”. In Africa l'inquinamento è il secondo fattore di rischio di morte.

E allora, ditemi, dove sta l'illegalità nel desiderare un luogo di pace dove poter vivere?

Perché siamo riusciti a costruire un Apartheid mondiale dove il libero movimento “legalizzato” appartiene al bianco, mentre al diversamente colorato viene proibito?

Patrizia Ferrara