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Dom, Dic
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Ti aspetto per un caffè - Perchè tanta aggressività?

Etica
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Ieri era una giornata come tante altre, niente che facesse prevedere lo tsunami che sarebbe scoppiato da lì a poco. Sono entrata in classe salutando i miei studenti e mi sono chiusa la porta alle spalle, come faccio di solito prima di cominciare la lezione. Ho aperto il registro elettronico e non appena ho finito di fare l’appello la porta si è aperta all’improvviso. È apparso uno studente della classe con aria spavalda e non curante del mio disappunto.

Hai una motivazione valida per presentarti a scuola alle ore 10,15?”, ho chiesto.

Mi ha guardato appena e si è diretto verso il banco. L’ho ammonito dicendo che è necessario bussare di fronte a una porta chiusa e aspettare un consenso, ma soprattutto gli ho ricordato che non avevo nessuna intenzione di accettarlo in classe, perché non intendevo violare quanto recita il regolamento d’ istituto “l’ingresso a scuola alle ore 10, 00 è consentito solo in casi eccezionali e va documentato da certificazione”.

Mi sembrava una richiesta lecita, una cosa di normale amministrazione e invece si è scatenato il putiferio. Lo studente maggiorenne, anziché accettare di buon grado la mia richiesta, ha cominciato ad alzare i toni, si è diretto verso la cattedra con aria minacciosa, poi si è caricato lo zaino in spalla e dopo aver continuato a inveire nella mia direzione, ha sbattuto la porta con una violenza tale da far tremare i vetri.

Capisci cosa mi è successo? dico a mio figlio, mentre sorseggio nervosamente il mio caffè. Di fronte a quell’ aggressività inaspettata e non motivata sono rimasta inebetita, ho faticato a mantenere un contegno adatto al mio ruolo di fronte al resto della classe. Questi ragazzi li conosco da cinque anni, li ho visti crescere, anzi ho condiviso con loro tanti momenti di turbamento; mi sono innamorata delle loro debolezze e li ho aiutati a farle diventare punti di forza. Abbiamo vissuto insieme il difficile periodo del Covid e pensavo di essere riuscita, nonostante tutto, a trasmettere dei valori in cui credere.

Mamma - risponde mio figlio con un tono rassicurante - non devi sentirti colpevole di quanto è successo. Quello che mi hai raccontato non è la storia di un fallimento, ma può essere visto come la necessità di un incontro tra due generazioni, che guardano verso lo stesso punto, ma partendo da situazioni diverse. Non voglio giustificare il comportamento del tuo studente, ma posso comprenderlo: solo ieri ero anch’io un adolescente e non ero sempre pronto ad accettare le regole, in particolare quelle istituzionali. La trasgressione è la parola d’ ordine in un periodo della vita in cui tutto va come non dovrebbe. Tra voi due sei tu quella che si è comportata contro natura, tu che hai fatto uno sforzo a contenerti e a bloccare le emozioni; lui ha lasciato fluire la sua energia in maniera libera, naturale. Il mondo è regolato da leggi precise, però l’entropia dell’universo (l’ordine con cui è disposta l’energia) continua ad evolvere verso il caos. Comportarsi male implica un dispendio di energia minore rispetto all’ energia necessaria per impegnarsi ad essere corretti.

La natura non è etica, non è gentile, vige la legge del più forte. Probabilmente quella rabbia non era destinata a te, ma in quel momento tu eri l’anello debole, necessario a quello studente per gridare al mondo di essere un ‘vincente’. Domani, a scuola, cercalo e parlagli in disparte, con calma. Sono sicuro che troverete insieme la maniera per comunicare in modo efficace”.

Anche questa volta nel confronto con mio figlio sono riuscita a trovare le risposte che cercavo.

Come al solito vi saluto con una citazione, questa volta del Mahatma Gandhi: Un pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso”.

Nadia Santo