- di don Gianfranco Sivera -
“Riposate in pace, perché noi non ripeteremo l'errore”. Questo è l’epitaffio sulla lapide dei martiri di Hiroshima.
Eppure, a 78 anni dalla prima bomba atomica, circolano oggi oltre 15.000 testate nucleari e perciò il rischio di ripetere l’errore è altissimo. Pensiamoci seriamente!
Mai come in questo tempo siamo sollecitati ad affermare il valore della pace e della fraternità umana che solo il dialogo contribuisce a costruire. Uno dei compiti che noi cristiani siamo chiamati ad attuare è proprio quello di provare ad appianare i contrasti per favorire un clima di reciproca collaborazione e fiducia. Ciascuno di noi nella Chiesa è chiamato a continuare l’opera di Gesù, “perché i nemici si aprano al dialogo, i popoli si incontrino e facciano la pace e la vendetta sia disarmata dal perdono” (Preghiera Eucaristica della Riconciliazione)
Questo è sempre un esercizio di umiltà, perché richiede di sacrificare un po’ di amor proprio per entrare in rapporto con l’altro, per comprenderne le ragioni e i punti di vista, contrapponendosi all’orgoglio e alla superbia umana, causa prima di ogni volontà belligerante.
Oggi è in corso la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato, dove i conflitti interessano direttamente alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti. L’esempio più vicino è proprio la guerra in Ucraina, con il suo strascico di morte e distruzione, con gli attacchi alle infrastrutture civili che portano le persone a morire non solo a causa degli ordigni e delle violenze, ma anche di fame e di freddo.
La Costituzione conciliare Gaudium et spes, afferma che «ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione». Non dobbiamo dimenticare poi che la guerra colpisce particolarmente le persone più fragili – i bambini, gli anziani, i disabili – e lacera indelebilmente le famiglie. Gli effetti interessano intere regioni, anche fuori dall’Europa a causa delle ripercussioni del conflitto in campo energetico e nell’ambito della produzione alimentare, soprattutto in Africa e in Medio Oriente.
Bisogna prendere le distanze dallo scontro delle civiltà, stare lontani dai pensatori che iniettano veleno e dalla religione del denaro, frutto anche della continua e scellerata corsa al riarmo. Le nostre comunità sono invitate ad unirsi a chi, e non sono pochi, chiedono ai governi atlantici di ridurre almeno del due per cento, per cinque anni, le spese militari. Questo libererebbe un trilione di dollari per affrontare i grandi problemi dell'umanità. Spendere in armamenti non vuol dire solo spendere male i soldi, ma rischiare l’estinzione del pianeta. Le armi nucleari mettono definitivamente a rischio il futuro e, se scappa di mano la situazione, non ci sarà di certo una nuova opportunità. Non è possibile tacere, lasciare agli altri le decisioni, permettere che la guerra continui a seminare morte e a peggiorare tutto: l'inflazione, le bollette, le disuguaglianze sono sempre il frutto di queste azioni folli e criminali.
«La pace non è soltanto assenza di guerra, ma una condizione generale nella quale la persona umana è in armonia con se stessa, in armonia con la natura e in armonia con gli altri», con queste parole papa Francesco si rivolse ai fedeli in piazza San Pietro qualche anno fa. L’anelito per la pace da sempre accompagna l’umanità e non è certo meno pressante oggi. In Italia, a differenza di tante altri paesi del mondo, non viviamo da decenni situazioni di guerra diretta. Ma la pace - lo sappiamo per esperienza quotidiana – non è un dato scontato. Il primo passo, ci dicono i profeti del passato e del presente, è “fare verità” per vedere a che punto siamo. Ognuno probabilmente troverà qualche “zona di guerra” nel suo cuore e nei suoi rapporti: vada quindi a riconciliarsi e a tendere la mano a chi lo ha offeso, come ci insegna il Vangelo perché solo così si costruisce e si propaga la pace.
Il secondo passo è mettere in cantiere un cammino verso la giustizia, verso il bene e la lotta ad ogni forma di sperequazione e di illegalità perché non potrà mai esserci pace autentica là dove “le mani grondano sangue “(Isaia 1,15), sotto varie forme.
Nella Bibbia il giusto rapporto con Dio non è mai separato dal giusto comportamento con il fratello, in particolare il più debole. Perché senza giustizia la pace non sarà possibile! Mai.
Don Gian Franco Sivera
Parroco Madonna della Fiducia - Nichelino
e San Damiano