Sono stati tre “passaggi”: nel 2009, nel 2012 e nel 2015. Tre estati, con un gruppo di famiglie, in R.D.C. ospiti presso la Missione in Nord Kivu di Padre Giovanni Piumatti, missionario “Fidei Donum” della diocesi di Pinerolo.
Tre passaggi a sancire, consolidare, un gemellaggio di trent'anni con la Parrocchia Madonna della Fiducia. Occasioni per conoscere, partecipare condividere del tempo, dare vita a nuove amicizie, aprire gli occhi su un mondo lontano, imparare a guradare “oltre Italia”.
È stata per noi soprattutto un’esperienza che ci ha “attivato” nella costante attenzione su quanto di ingiusto, disumano, terribile si vive quotidianamente laggiù, ma non solo.
Parlando di Congo non vorremmo qui riportare temi, tra l'altro usciti dall'oblio da qualche tempo, per la corsa all'accaparramento delle materie prime indispensabili per l'elettronica.
Di cosa si parla meno è del “Land Grabbing”, ovvero l’accaparramento di terre, una pratica imposta dal bisogno sempre maggiore di suolo delle nazioni occidentali.
COME COMPRARE UNA MONTAGNA
Era il 2009, ci trovavamo, in una sosta del viaggio, a Kimbulu, popoloso villaggio nel centro del Nord Kivu ed avevamo fatto visita al Centro francescano diretto dal croato Padre Elia Barisich.
Fu durante quel colloquio che emerse, per noi, la prima dichiarazione sulla strana modalità di mettere mano ai terreni del posto. Ci arrivammo un po' spinti dalla nostra curiosità e sorpresa nell'aver visto alcuni anziani cinesi viaggiare lungo le strade e ne chiedemmo il motivo. “Hanno comprato la montagna che vedete!” Padre Elia ci indicò la finestra e ci spiegò cosa stava succedendo.
Non sappiamo cosa succeda nel resto della RDC, ma sicuramente nella provincia del Nord Kivu non esistono terreni demaniali e quindi soggetti ad un potere giuridico centrale. La possibilità di abitare, coltivare o sfruttare un territorio è spesso il risultato de facto di un diritto acquisito e tramandato di padre in figlio nel corso dei decenni.
Un acquirente, come in quel caso i cinesi, non deve fare faticose contrattazioni. Basta presentarsi dal capo villaggio con denaro contante, ahimè neanche tanto, e l'acquisto è fatto. Chi abita su quei terreni riprende le sue povere cose ed emigra altrove.
Perché comprare una montagna? Perché sotto quella montagna avevano sicuramente trovato un filone minerario interessante: d'altronde chi avrebbe potuto avere la possibilità e i mezzi di fare carotaggi e studiare in profondità rocce e terreni? Non certo gli abitanti del villaggio.
La pratica si è diffusa e continua in tutto il Paese. Ci ha risvegliato al problema un piccolo video/denuncia inviato da Guglielmo Rapino, Volontario per AMKA a Lubumbashi, provincia dell'alto Katanga nel sud della R.D.C. Qui si vede un cartello di Concessione Privata, eretto da un parlamentare a delimitare una vasta area di territorio, prima destinato ad agricoltura o pastorizia sancendo l'inutilizzo futuro a questo tipo di pratiche agricole. Probabilmente il terreno non è stato neppure pagato: è la forza del potere ad aver determinato l'esproprio.
I terreni rimangono in mano al politico che attenderà un interessante e generoso acquirente.
Il fenomeno del “land grabbing” ha preso avvio nel 2008 e da allora circa “80 milioni di ettari di terra coltivabile sono preda di speculatori internazionali che sottraggono alle comunità locali mezzi di sussistenza vitali”, secondo una denuncia FOCSIV riportata da La Repubblica qualche mese fa.
Recentemente anche Il Sole 24 Ore riportava l'attenzione su questa pratica predatoria di terreni denunciando che il fenomeno nel giro di 10 anni era aumentato del 1000%
L'acquisto di terreni ha avuto un’accelerazione nello scorso decennio, quando la crisi dei prezzi dei prodotti agricoli, in particolare cereali, ha messo in pericolo la sicurezza alimentare dei Paesi ricchi. Dove rivolgersi allora? I terreni dei Paesi in via di sviluppo costituivano una grande opportunità ed è facile dedurre che in molti Paesi dove l'agricoltura è il settore di impiego principale sono praticamente impossibili alternative. Le conseguenze di questa politica sul fronte sociale ed economico sono solo disastrose
Non abbiamo trovato dati aggiornati, ma pare che le industrie italiane abbiano partecipato al fenomeno del Land grabbing per un totale di almeno 1.000.000 di ettari, quasi tutti in Africa (in particolare in Mozambico, Etiopia e Senegal): “...da Eni, Benetton, Generali fino ai tre grandi del credito (Unicredit, Intesa e Monte dei Paschi di Siena) che portano l'Italia al secondo posto tra i Paesi Europei più attivi negli investimenti su terra all'estero”.
FRAGOLE PER LE NOSTRE TAVOLE
Ma torniamo in RDC, ex colonia belga: già nei primi anni del secolo scorso lo sfruttamento di terra era stato avviato con mono colture che servivano a soddisfare i desideri dei palati viziati dell'Europa centrale. Muhanga, sede della missione da noi visitata, era un sito di coltivazione intensiva di fragole, alimento decisamente non autoctono per i congolesi, ed il raccolto era affidato a mani infantili, eventualmente mozzate se osavano portare alla bocca il dolce frutto.
La temperatura stabile intorno ai 24° consentiva due raccolti all'anno. Non distante dal sito una pista di atterraggio di aeroplani leggeri permetteva di trasportare il raccolto fresco nei mercati europei.
100 anni dopo Muhanga è sempre collocata in foresta a 42 Km dal primo centro abitato. La strada non battuta è ora impercorribile: occorrono tre giorni per coprire la distanza.
Ecco in RDC si realizza il modo più abbietto di procedere al Land grabbing: nella maggior parte dei casi non si compra, ma si occupa l’area con la forza delle armi, favoriti dalla corruzione dilagante di amministratori o delegati locali.
Riprendiamo le stesse parole del giovane Rapino “Dobbiamo renderci conto che siamo soprattutto noi, del cosiddetto mondo evoluto, gli unici a trarre beneficio per la nostra alimentazione e per la nostra tecnologia. Siamo noi ad avere il potere economico che è spesso l'unica causa a cui è legato il destino di questi popoli”.
Patrizia Ferrara
Umberto Escoffier