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Dom, Dic
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No eutanasia, sì diritto alle cure

Etica
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La Corte Costituzionale si è espressa sul tema dell’eutanasia, ritenendo inammissibile
il relativo quesito referendario perché «a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili».

In attesa delle motivazioni dettagliate della sentenza, di fatto la Corte smaschera un referendum che era cosa ben diversa dall’offrire una legge organica (come forse alcuni cittadini firmatari credevano) volta ad ammettere e regolare da parte del Servizio pubblico l’eutanasia, cioè la possibilità di procurare la morte a coloro che consapevolmente la chiedano e, allo stesso tempo, rientrino in una serie di condizioni prestabilite.

Col referendum si sarebbe decisa invece la depenalizzazione dell’omicidio di colui che avesse collaborato a provocare la morte di un soggetto dichiaratamente consenziente. Se il referendum fosse passato, avrebbe aperto la porta a derive barbare, laddove un qualunque cittadino (neanche un sanitario, vincolato da obblighi deontologici) avrebbe potuto procurare la morte a chiunque si fosse dimostrato in quel momento consenziente. Un pericolo concreto, come bene ha sottolineato il Presidente Giuliano Amato, con particolare riferimento alle “persone deboli e vulnerabili”.

Ad ogni modo il referendum ha dato slancio alle proposte di legge sull’eutanasia, il cui rischio, a nostro avviso, è quello di indurre persone in condizioni di gravi carenze di salute a chiedere la morte, perché non ricevono le dovute cure a cui avrebbero pieno diritto e bisogno. Si tratterebbe in quel caso di una scelta di disperazione che non può essere agevolata e legittimata dalla legge.

Ricordiamo su tutti la vicenda di Loris Bertocco. Veneziano di 59 anni, completamente paralizzato dopo un incidente stradale, Loris ha denunciato di essere stato abbandonato dalle istituzioni e di non avere più soldi per curarsi. Senza le cure necessarie per rendere minimamente accettabile la propria vita, ha scelto la via del suicidio assistito, in Svizzera.

Come Loris Bertocco, altri sono i malati indotti a chiedere di morire non per una scelta incondizionata, bensì perché non è garantito loro il pieno ed esigibile diritto di usufruire delle cure (legge 833/1978, articolo 2, il Servizio sanitario nazionale deve assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata»). Cure dunque, non solo palliative e di “fine vita”, ma anche quelle ordinarie, in risposta alle necessità di tutela della salute e di condizioni di non autosufficienza determinata per esempio da gravi incidenti, da demenza o da disabilità intellettiva, che si protrae anche per anni.

Il vero baluardo per evitare lo scivolamento verso forme di eutanasia da abbandono è la strenua difesa dell’attuale vigente diritto esigibile, universalistico (non condizionato cioè da condizioni sociali, familiari o reddituali) alle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, anche domiciliari.

Questa azione di difesa civica del diritto alle cure si scontra ogni giorno con mille difficoltà. Le leggi ci sono, ma spesso sono disattese perché l’utenza è debole e c’è poca azione di tutela.

Al di là dei discorsi di principio sulla cura dei malati non autosufficienti e delle persone con disabilità, non devono prevalere ragioni economicistiche e la logica dello “scarto”, come denunciato anche da Papa Francesco. Non la via dell’eutanasia, ma quella del diritto alle cure.

UTIM Nichelino