È domenica 23 gennaio, sono le 17 del pomeriggio, quando nella famiglia di Katia e Bruno squilla il cellulare. Sul display compare "numero privato". Katia ha un attimo di esitazione, poi decide di rispondere.
«Buongiorno, sono Papa Francesco». «Oh, mammamia!» è la prima reazione spontanea. E lui: «No, non mamma mia… sono davvero Papa Francesco!». L’accento è inconfondibile, non si tratta di uno scherzo e all’improvviso si rendono conto di che cosa è successo. Qualche giorno prima una famiglia di amici che sarebbe andata in udienza dal Papa aveva proposto loro di scrivere una lettera che poi loro gli avrebbero consegnato. E così senza pensarci un attimo avevano scritto una lettera in cui raccontavano la semplice vita di una famiglia che da tanti anni accoglie bambini in difficoltà e che si è aperta all’accoglienza di due ragazzi con disabilità. Avevano raccontato i momenti di fatica, ma anche i momenti di gioia nel condividere da undici anni la vita con due persone sempre sorridenti e gioiose.
Papa Francesco durante la telefonata dice loro di aver letto la lettera e chiede notizie dei ragazzi accolti restando in ascolto dei racconti di vita come un amico di lunga data. Katia e Bruno ne approfittano per raccontare al Papa alcuni episodi legati al ragazzo con autismo che hanno accolto da molti anni e che nonostante la sua disabilità ha una forte spiritualità; dice sempre che vuole andare in paradiso e chiama il paradiso "città dell'inclusione", un posto meraviglioso dove si parla la "lingua del cuore". Tutte le sere mette sul comodino le icone che gli sono state regalate il giorno del suo battesimo e prega ad alta voce, ed è di esempio con la sua fedeltà nella preghiera. Al termine della telefonata il papa dona loro una speciale benedizione e li ringrazia per ciò che fanno a favore dei bambini con disabilità.
Katia e Bruno attualmente vivono in una città in provincia di Torino, ma sono originari di Nichelino dove hanno frequentato le scuole e fatto animazione nella parrocchia Madonna della Fiducia. Erano i tempi in cui la parrocchia era un prefabbricato e il parroco don Domenico Cavaglià guidava i fedeli vivendo in una roulotte e occupandosi anche dei suoi genitori anziani. È dall’esempio di questo parroco e delle loro famiglie che Katia e Bruno hanno maturato la sensibilità per la condivisione e l’accoglienza che li ha portati successivamente a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII che hanno conosciuto nel 1996 quando Katia ha fatto la tesi di laurea in Psicologia sull’esperienza della case famiglia. L’anno dopo si sono sposati, hanno avuto due figli naturali e dal 2003 hanno deciso di aprire la loro famiglia all’accoglienza. Da allora sono una quindicina i minori che hanno avuto in affido. Oggi Bruno lavora nella cooperativa sociale "Senza Confini" promossa dall’Associazione, mentre Katia cura la formazione delle famiglie che si aprono all’accoglienza. In particolare dal 2019 è punto di riferimento del progetto “Portami a casa” che si prefigge di sensibilizzare le famiglie all’accoglienza di minori disabili abbandonati alla nascita o provenienti da situazioni difficili.
L’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è nata alla fine degli anni ’60 ad opera di un sacerdote, don Oreste Benzi (nella foto), e da allora si occupa di condividere la propria vita con gli ultimi in Italia e in tanti paesi nel mondo. Fin dagli inizi don Oreste, di fronte alla realtà dei bambini che non potevano vivere all’interno della propria famiglia, aveva intuito che la risposta migliore era solo quella familiare. Infatti i bambini hanno bisogno fin dalla nascita di sentirsi scelti e amati in una relazione stabile e duratura. Proprio per questo don Oreste lavorò fin da subito nella sensibilizzazione e nella ricerca di famiglie disponibili all’accoglienza dei bambini in difficoltà, con un occhio particolare per i bambini più fragili colpiti da una malattia o disabilità.
Nella zona del torinese l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ormai da più di 20 anni lavora per sensibilizzare le famiglie all’affidamento familiare promuovendo corsi di formazione, lavorando in collaborazione con i servizi sociali e le altre associazioni, animando gruppi di auto e mutuo aiuto per famiglie affidatarie. Sul territorio di Nichelino ad esempio esiste dal 2001 un gruppo di sostegno per famiglie affidatarie che raggruppa una ventina di famiglie e singles di Nichelino o dei comuni limitrofi che accolgono bambini e adolescenti provenienti da famiglie in difficoltà. Il gruppo si trova una volta al mese nei locali della parrocchia Maria Regina Mundi per condividere le esperienze, affrontare insieme i momenti di difficoltà, ma anche vivere momenti di gioia e di festa. Le famiglie cercano di sostenersi, gioiscono insieme, piangono insieme e si ricordano a vicenda che, come diceva don Oreste, “le cose belle prima si fanno e poi si pensano!”