Il fronte tra Russia e Ucraina si è surriscaldato al punto che le lancette del famoso orologio dell'Apocalisse (creato simbolicamente 75 anni fa dagli scienziati) è fermo a 100 secondi dalla mezzanotte.
La preoccupazione, insieme all'agitazione di tutti i Capi di Governo Europei e non, si è trasformata in pellegrinaggio diplomatico alla ricerca di una via d'uscita che salvi la faccia a tutti, dopo il confronto “muscolare” fatto di anatemi, hackeraggio informatico, schieramenti di reparti militari. Finché la guerra è divampata!
Pax Christi, da sempre impegnata a lavorare per promuovere la Pace, lo scorso 12 febbraio denunciava “la folle corsa al riarmo che non ha conosciuto tregua neanche in questi anni di pandemia. Anzi le spese militari sono aumentate e il rischio di un nuovo conflitto globale non è mai stato così palpabile”.
Già, perché questa recente e drammatica partita a risiko non è che l'ultima delle sfide armate che da anni si vanno moltiplicando. Era il 2014 quando Papa Francesco si espresse con preoccupazione circa la presenza, di molteplici conflitti: “Siamo in guerra. È presente una terza guerra mondiale, ma a pezzi”.
Ma che valore diamo al nostro chiedere la Pace, fare la Pace, offrire la Pace?
Il bene preziosissimo della Pace è assai fragile e si alimenta del respiro armonico dell'umanità, nel saper far convergere - perché riconosciuti - valori inestimabili come la dignità umana, la giustizia, il rispetto di ogni diversità.
Siamo cittadini del mondo non solo per la globalizzazione commerciale (attorno alla quale ci sarebbe tanto da dire), non solo per il proliferare di progetti interculturali, non solo per gli approdi turistici intriganti e paradisiaci ormai sempre più facilmente raggiungibili.
Siamo cittadini del mondo chiamati alla responsabilità attiva: ad essere – prima di tutto - “operatori di Pace”, sempre, comunque, ogni giorno.
Ma lo siamo davvero? Ci preoccupiamo del fatto che le conflittualità quotidiane sono, in realtà, in aumento? Che le interazioni famigliari, amicali, scolastiche, lavorative e sociali tutte, sopravvivono in un corollario di “litigi”. Le nostre conversazioni si “armano” di parole insultanti, vendicative, annientanti...
Il “fare la guerra” dei popoli attorno a noi non ci inquieta, non adombra i nostri progetti, non fa mutare i desideri e bisogni. Invece dovremmo essere chiamati ad alzare la testa, ad unire le voci, a scandalizzarci per ogni azione che va a calpestare il diritto di Pace di ogni popolo.
Un esempio su tutti è appunto la corsa al riarmo.
In Italia, nel più assoluto silenzio, sono stati promossi dal Ministro della Difesa nel 2021 ben 23 programmi di riarmo, per una spesa complessiva di 12 miliardi, facendo aumentare dell'8% le spese della Difesa rispetto al 2020. Questi dati da soli dovrebbero agitare piazze e strade riempiendole di giovani e non, disoccupati, inoccupati, avviliti.
Che ne è della legge 185/90 sul controllo delle armi che prevede non solo il divieto
di esportazione di armamenti verso i paesi in guerra, ma anche verso paesi in cui sono violati i diritti umani? La diminuzione delle vendite di armi è durata circa 19 anni poi, dal 2009 gli “armaioli italiani” hanno scaldato ancor più le loro fucine.
Ma anche a livello globale la spesa militare è raddoppiata dal 2000 ad oggi, arrivando a sfiorare i duemila miliardi di dollari all'anno. È dello scorso dicembre 2021 l'accorata proposta di 50 premi Nobel di ridurre la spesa militare del 2%. Sarà accolta la richiesta, peraltro molto concreta, di sottoscrivere un “dividendo della pace” per affrontare i problemi mondiali più urgenti?
Era il 1972 quando, in occasione della V giornata mondiale per la Pace, Paolo VI scrisse il suo messaggio dal titolo “Se vuoi la Pace lavora per la Giustizia”. Sono trascorsi 50 anni e fare un bilancio del lavoro fatto per rendere il mondo meno disuguale rischia solo di annichilire ogni speranza.
Ecco, abbiamo voluto trasmettere il nostro sentito di questi giorni, la nostra preoccupazione...
La speranza è che questi fatti, presentati, possano almeno stimolare qualche interrogativo su quanto ci si possa singolarmente opporre o almeno tentare di non assecondare questa deriva.
Patrizia Ferrara
Umberto Escoffier