È abbastanza ridicolo che dopo decenni di campagne contro il fumo ci si trovi oggi a fare “battaglie di civiltà” per legalizzare la cannabis.
Dopo la recente bocciatura del questito referendario promosso dai radicali diverse forze politiche sono tornate alla carica con l’obiettivo di liberalizzare l’uso delle cosiddette droghe leggere che si potranno comprare tranquillamente in tabaccheria o nei negozi specializzati.
Viene così a cadere qualunque azione di prevenzione da parte della scuola e delle altre agenzie educative, dal momento che l’assunzione di tali sostanze è di fatto relegata alla sola sfera dell’autodeterminazione. Sennonché questo come altri comportamenti, comunque si voglia rigirare la faccenda, non hanno solo una valenza individuale, ma anche collettiva.
L’argomento principe dei fautori della completa liberalizzazione della cannabis è che lo spaccio è attualmente in mano alle mafie ed alla criminalità organizzata. Sottratta questa fetta di mercato, le stesse mafie e la stessa criminalità organizzata si occuperanno solo di droghe pesanti?
Mi sa di no, dal momento che la loro gamma di attività è molto variegata e va dagli appalti al traffico di armi, dal commercio di opere d’arte allo sfruttamento della prostituzione e tanto altro ancora.
Il fatto è che le droghe possono generare dipendenza, proprio come il gioco d’azzardo, e quindi rappresentano in primo luogo una questione di rilevanza sanitaria per l’individuo e per la società nel suo complesso.
Un conto è l’uso terapeutico per la cura di determinate patologie, ma non mi si venga a dire che la cannabis in un soggetto sano possa addirittura far bene. Non mi si venga a dire che dopo aver fumato uno spinello ci si possa tranquillamente mettere alla guida di un veicolo, più lucidi di prima.
Non basta l’autodeterminazione, se è disgiunta dal concetto di responsabilità. Non è questione di libertà, ma di salute. Come ben riassume Antonio Floriani medico e psicoterapeuta, direttore del Centro LiberaMente di Genova, “le più moderne tecniche di neuroimaging che permettono la visualizzazione delle aree cerebrali, hanno consentito di individuare nel cervello di chi utilizza sostanze stupefacenti, le modificazioni, talora permanenti, indotte dalle droghe, con ripercussione sullo sviluppo e sul funzionamento cerebrale”.
Queste tecniche per esempio hanno consentono di confrontare l’attività celebrale di giovani tra i 18 e i 25 anni consumatori di marijuana con quello di chi non fumava. I fumatori anche occasionali presentavano evidenti alterazioni in zone cerebrali collegate all’emotività e alla dipendenza in misura direttamente proporzionale al grado di consumo della droga.
Continua il dott. Floriani: “Hashish e marijuana hanno effetti sul sistema dei recettori encefalici deputati al controllo delle emozioni e dell’ansia, quali la serotonina o l’adrenalina. Per tali ragioni la cannabis, al pari di altre sostanze psicotrope quali la cocaina e i derivati amfetaminici, gli allucinogeni ma anche l’alcol, possono condizionare lo sviluppo psico-emozionale con distorsione della personalità, in taluni casi irreversibile, ovvero senza remissione una volta sospeso l’utilizzo”.
Il venir meno di ogni opera di prevenzione sta provocando specialmente negli adolescenti effetti gravissimi non solo in caso di abuso, ma anche di semplice uso di sostanze stupefacenti. Purtroppo la prevenzione ha ceduto il passo alla più spudorata propaganda e per molti giovani le droghe leggere altro non sono che la porta di ingresso per quelle più pesanti.
Ne va di mezzo in primo luogo la salute. Si abbia il coraggio di dirlo senza se e senza ma. A meno che a qualcuno faccia comodo una gioventù, se non del tutto fusa almeno un po’ obnubilata…
Cfl