Il libro di Qoelet non ci dona solo profondissime riflessioni sulla fatica del vivere, ma anche momenti di altissima poesia.
Il primo brano poetico, molto famoso, lo troviamo al capitolo 3 che inizia così: “ogni cosa ha un momento, ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo”. Due sono le parole che caratterizzano questo capitolo nel testo ebraico: “zeman” inteso come momento che indica la durata, la stagione, l’ora in cui viviamo e che la bibbia greca traduce con kronos.
L’altra parola è “e’t” (tempo) che indica il tempo prefissato, l’occasione favorevole, l’istante decisivo stabilito da Qualcuno e che l’uomo deve essere in grado di cogliere e vivere in pienezza: la bibbia greca lo traduce con kairòs: tempo felice, favorevole.
Segue un poema che presenta 14 coppie di tempi e di azioni che si compiono nello spazio della vita per un totale di 28 “e’t” contrapposti, quattro volte sette (il 7 indica la pienezza, il 4 indica la terra), quindi la totalità delle azioni, delle opere e delle fatiche di ogni essere vivente che abita il mondo. Questo inno, capitolo 3 versetti 2 – 8, è molto usato dalle comunità protestanti come canto sacro ed è stato anche, negli anni ’70, cantato con successo da alcuni cantanti e rock band come Joan Baez, Bon Dylan, The Byrds, Mary Hopkins… la canzone in inglese si intitola “Turn turn turn” ed è facile da trovare.“C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare, un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare… un tempo per tacere e un tempo per parlare, un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per fare la guerra e un tempo per la pace”.
Negativo e positivo sono sullo stesso piano, ogni cosa ha il proprio istante, l’esistenza umana è scandita da tempi ben precisi e stabiliti. L’uomo non ne esce, è come inscatolato in un movimento a cui non ha dato il via e a cui non può decretare uno stop. Ecco perché Qoelet conclude così questo inno: “quale vantaggio viene all’uomo da tutto ciò che compie con fatica? Quello che accade è già successo e quello che sarà è già avvenuto”.
Sono riflessioni molto attuali: la crisi di valori che si respirava ai tempi di Qoelet la viviamo noi oggi. La nostra cultura post industriale è povera di risposte sul senso dell’esistenza, il relativismo ed il disimpegno che impregnano il nostro pensiero ci avvicinano molto alla disillusione di Qoelet.
Scriveva il filosofo Comte (circa un secolo e mezzo fa): “il progresso umano finirà infallibilmente per sostituire alla spiegazione religiosa la spiegazione scientifico-positiva più adeguata al reale e più utile all’uomo. L’uomo sarà felice quando arriverà al grado massimo di scientificità”.
Oggi dopo varie generazioni - per dirla come Qoelet - ci rendiamo conto che la ragione non spiega tutto e che l’uomo non può trovare risposte agli “e’t” della vita se non si apre al sacro. “Dio ha fatto ogni cosa a suo tempo, ha posto nel cuore dell’uomo una certa visione di insieme, una ricerca di ragione per ciò che Dio compie… Qualsiasi cosa fa Dio dura per sempre” (3,11-14).
E’ vero, passa la scena di questo mondo, tutto è vanità, effimero come dice Qoelet, ma noi sappiamo, come dice San Paolo, che “la creazione sottomessa a vanità geme e soffre fino ad oggi le doglie del parto attendendo la manifestazione dei figli di Dio. Perché nella speranza siamo stati salvati” (Rom. 8.18-25). E se lo spazio e il tempo in cui ci troviamo a vivere a volte sembra non avere né senso né scopo, noi crediamo che tutto il creato è per Cristo ed in Cristo ha la propria consistenza e spiegazione: “per lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra”(Col 1,16). Per l’uomo di fede ogni momento, ogni “e’t”, ha un senso perché “non siamo più noi che viviamo, ma è Cristo che vive in noi” (Gal. 2,20).
Nel libro di Qoelet i capitoli che seguono, dal 4 al 6, vedono il nostro disilluso, anziano sapiente, criticare ferocemente alcuni aspetti della società del suo tempo, critiche che vanno ancora bene ai nostri giorni.
- La violenza : “Ecco le lacrime degli oppressi e non c’è chi li consoli. Dalla parte dei loro oppressori sta la violenza!”
- La schiavitù del lavoro: “meglio il poco ma guadagnato con calma che tanto guadagnato con tormento e inseguendo il vento. Meglio essere in due che da soli, perché due hanno maggior vantaggio nel loro lavoro”.
- La religione: “quando ti rechi al tempio controlla i tuoi passi. Avvicinati per ascoltare piuttosto che offrire sacrifici come fanno gli stolti. Quando parli davanti a Dio non avere fretta con le tue labbra, non essere precipitoso! Meglio non fare voti se poi non puoi mantenerli”.
- La politica: “se vedi che nel paese il povero è calpestato e la legge e la giustizia sono calpestate, non ti meravigliare!”
- La ricchezza: “chi ama il denaro mai di denaro è sazio, chi è attaccato alle ricchezze non ne ha mai a sufficienza. Ma come sei uscito nudo dal ventre di tua madre così nudo te ne andrai senza nulla da portare con te”.
- La fortuna: Qoelet presenta il caso di un uomo che ha molti beni, ma non è capace di goderseli, anzi non sa trovare nessun gusto nel vivere: “un aborto è meglio di lui!”, dice.
Lasciamo, per ora, il nostro Qoelet alle sue riflessioni.
Enrico de Leon