Acquistare, fare sesso, giocare d’azzardo sono atti che attivano la stessa zona del cervello. Certo non succede quando compriamo un chilo di mele… per necessità.
Ecco, è proprio il concetto di necessità che va esaminato, quando si pensa agli acquisti, perché tutta l’economia odierna si basa sulla produzione di qualcosa e alla successiva induzione all’acquisto, senza chiedersi in fondo se sia davvero necessario. Un’enorme mercato, un perenne “venghino… venghino.” Gridato o sussurrato, accarezzando tutti i nostri istinti, anche quelli più nobili. Amazon, quella gigantesca macchina di induzione all’acquisto non ci dice di comprare una cosa, ma ci racconta una storia commovente di qualche animale domestico: il cane zoppo, il cavallino più piccolo degli altri…
In questo periodo hanno aperto diversi centri commerciali, Torino è praticamente circondata da nord a sud dalle shopvilles. Sono andata subito a visitare tutti i nuovi centri commerciali: la merce mi attira, sono colori, forme, stimoli visivi e sensoriali che mi distraggono… non mi fanno pensare agli altri problemi più importanti. Siamo soli: io e la merce. Non faccio due chiacchiere con il negoziante. Forse è meglio così, nessuno mi induce all’acquisto magnificando la merce. Anzi devo lavorare, trovarmi la taglia, cercarmi lo scaffale dei tovaglioli di carta ecc. Ma l’emozione non è scattata. Sono ormai assuefatta? I locali mi sono sembrati tutti uguali, quasi celle che contenevano merce uniforme. Eppure io sono attratta da tutto: dalle carote e dai cavoli finemente affettati e stretti nelle buste di plastica, dai sottobicchieri a forma di foglia, da un berretto con le orecchie da coniglio, da una gonna di pizzo, da un copriletto con gli stemmi, da uno scopino per water a forma di orchidea.
Nella mia visita ho guardato anche le facce delle persone. Vagavano, ma senza eccitazione; mangiavano, ma senza entusiasmo cibi tutti uguali, prodotti su scala industriale. Dov’è la festa, insomma? Dov’è la distrazione?
Arrivata a casa ho guardato su Amazon. E purtroppo mi sono comprata un vestito di pizzo rosso scuro. Quest’anno, chissà come mai, tutti propongono quel rosso; viene prodotto in un unico centro mondiale? Questo vestito quando lo metterò? Lo guardo e vado in crisi.
Nel contempo mi è giunta notizia che a Nichelino, come in altri comuni della cintura, è scattata la protesta dei commercianti per la desertificazione del centro storico. E via, cosa sono queste lamentale? Nichelino era una città dormitorio, quando mai ha avuto un centro?
E poi bisogna essere in linea coi tempi, fare tutto in casa, quindi in tuta e pigiama, uscire solo per gli “eventi”, organizzati dalle varie municipalità e assessorati che hanno il compito di farci uscire.
Mio padre, convinto liberale ed anti comunista, con i suoi amici comunisti che cercavano di convincerlo, animando discussioni molto divertenti e pacate, diceva: “Non voglio che venga il comunismo, poi ti comandano, mi dicono loro cosa fare della mia giornata”.
Il comunismo non è arrivato, ma in compenso è in atto un asservimento a fini commerciali dei nostri gusti e delle nostre tendenze, ovviamente non sempre eccellenti, non sempre di alto livello morale. Attraverso i social siamo noi stessi gli “studiati”. Forniamo e teniamo costantemente aggiornata, senza rendercene conto, un’enorme banca dati su quello che ci piace, a disposizione dei pubblicitari e degli esperti di marketing.
Fondare l’economia su quello che piace non è morale, ma a lungo termine non è neanche commercialmente valido. A ben vedere l’economia senza etica e senza educazione non paga. Il risultato di tutto questo sarà una società più povera, ma anche più infantile, abituata a seguire il “mi piace” e completamente priva di spirito di adattamento. Sarà un po’ terribile.
Renata Vaschetto