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Bibbia per tutti - Libro dei Proverbi

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Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele, per conoscer la sapienza e l’istruzione, per capire i detti intelligenti, per acquistare una saggia
educazione … dare ai giovani conoscenza e riflessione … il timore del Signore è il principio della scienza …” Così inizia il terzo libro degli scritti che nelle nostre bibbie troviamo dopo i Salmi e Giobbe e che prende il nome di Libro dei Proverbi. Il nome ebraico di questo scritto, lungo ben 31 capitoli, è "mashalim" che abbraccia una vasta gamma di significati: parabola, aforisma, detto o cantico sapienziale, poesia simbolica, proverbio e infine paragone, che è il nome di questo libro nella bibbia greca. La versione latina lo chiama proverbia e quindi il testo italiano così lo traduce.

Occhio, però. Per noi un proverbio è un detto sapienziale che viene dalla cultura popolare e che dovrebbe insegnarci a vivere (rosso di sera … tanto va la gatta al lardo … di notte leoni … etc.). Per il mondo biblico invece la riflessione riguarda il rapporto tra Dio e l’uomo e tra l’essere umano e la creazione: il tutto sotto lo sguardo vigile e previdente della sapienza di Dio. Quindi, se leggete questo libro, non aspettatevi una sfilza di detti o di frasi che vi indichino come vivere al meglio, ma una serie di pensieri di saggi di ogni epoca che cercano di penetrare il pensiero di Dio sul mondo.

Il libro viene attribuito a Salomone, mitico re sapiente, che vive intorno al decimo secolo a.C. ma troviamo al suo interno altre indicazioni: “… anche questi sono proverbi di Salomone, raccolti dagli uomini di Ezechia re di Giuda” (re vissuto nell’ottavo secolo), cosi come troviamo “detti di Ajur figlio di Iakè proveniente da Massa” e poi “parole di Lemuel re di Massa che apprese da sua madre”,autori sconosciuti . Non si sa quando vissero, solo che provengono da una città della penisola del Sinai.

I biblisti ci dicono che la redazione finale del libro dei Proverbi verosimilmente è avvenuta dopo l’esilio babilonese intorno al 500 a.C.

Dopo una breve introduzione il libro presenta nove sezioni che contengono riflessioni sulla vita, sulla morale e sul comportamento, spesso presentate come esortazioni di un padre verso il figlio e da parallelismi tra la vita del saggio e dello stolto.

Ma il personaggio principale dei Proverbi è la Sapienza, in ebraico “Kokmah” la cui radice verbale ricorda l’abilità di colui che coglie nel segno, che va dritto verso la vittoria e che non sbaglia direzione. Si contrappone alla sapienza il sostantivo “hattàh” che in italiano traduciamo con “peccato”, ma che in realtà significa fallire il colpo, inettitudine, sbagliare strada o bersaglio.

La Sapienza come maestra di vita, unico bene da conquistare, tesoro nascosto da ricercare, via da percorrere. Sono queste alcune delle tematiche principali di questo libro, forse un po’ ripetitivo e noiosetto, ma fondamentale per la ricerca rabbinica. E’ infatti proprio grazie a questo libro che prendono vita le scuole rabbiniche in Israele che continueranno il lavoro di ricerca sulla Parola di Dio e sulla via per conoscerla.

La sapienza grida in pubblico, nelle piazze fa sentire la sua voce … pronuncia la Parola alle porte della città … Ricercate le mie esortazioni, ecco farò zampillare il mio Spirito su di voi e vi manifesterò le mie parole” (Prov. 1,20 – 23). Chi ha un po’ di dimestichezza con il Nuovo Testamento ricorderà che Gesù usa la stessa immagine per descrivere il suo insegnamento: “l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente che zampilla per la vita eterna” (Gv. 4,14).

Il culmine del libro dei Proverbi lo troviamo al capitolo otto, là dove la Sapienza è presentata quasi come un essere vivente, come la parola di Dio personificata: “Jahvè mi ha generato al principio della sua attività, prima di ogni altra opera all’origine. Fui costituita dall’eternità fin dall’inizio della terra”. Generata, anziché creata, tale appare la Sapienza, il verbo di Dio, se ben traduciamo il verbo “qanah” con cui si descrive il suo venire all’esistenza.

Quando non esistevano gli abissi, io fui generata … quando Dio fissava i cieli io ero là … quando disponeva le fondamenta della terra io ero con Lui come artefice”. La bibbia CEI traduce l’ebraico ’mn con architetto, artefice (che con le vocali corrisponde a ’amon), ma la parola può essere vocalizzata diversamente per esempio ‘emun che significa fedeltà o ‘amun che si traduce come bimbo piccolo. Il piano di Dio, la sua architettura è sapienza, la fedeltà di Dio al suo amore è da sempre e si intreccia con la sua creazione. Ciò che Dio ha posto in essere è come un bimbo, un figlio amato, prediletto, di cui si compiace.

Il Nuovo Testamento riprenderà molte espressioni del libro dei Proverbi per parlarci di Gesù: il verbo di Dio generato non creato, il vero fedele della Parola e della volontà del Padre, il figlio amato seduto alla sua destra fin dalla fondazione del mondo.

La sapienza ha mandato le sue ancelle a proclamare … venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che ho preparato … la vera sapienza è conoscere il Santo” (Prov. 9, 1-10). Bere e mangiare la Parola per conoscere Dio, per renderci simili a colui che è Parola e Dio.

Buona Bibbia a tutti e buone vacanze!

Enrico de Leon

Immagine: Re Salomone in un'cona russa