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Il pellegrinaggio come salita

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- di Enrico de Leon -
Abbiamo visto nei precedenti articoli come il pellegrinaggio sia una caratteristica fondamentale
per tutte le religioni, in modo particolare per quelle del Libro. Il vangelo di Giovanni ricorda che per ben tre volte Gesù è andato in pellegrinaggio: “salì a Gerusalemme…” Ci sarà poi una quarta salita nella capitale per Gesù, quella che culminerà con la sua condanna e due ulteriori salite: quella sul Golgotha e quella sulla croce.

Il Vangelo di Luca dal capitolo 9 versetto 51 è strutturato come un vero e proprio pellegrinaggio verso la città santa: “Gesù prese la decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. In ebraico le parole pellegrino e pellegrinaggio sono rese con 'olèh e 'aliya la regel, letteralmente “colui che sale” e la “salita per la festa”. Raggiungere Gerusalemme voleva dire salire, a quei tempi, per sentieri sterrati, brulli, con poca acqua e spesso pericolosi perché tra le rocce desertiche potevano nascondersi briganti. Ce lo ricorda Lc 10,30: “un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto”. Lui scendeva, così come il sacerdote e il levita che passarono oltre mentre “un samaritano che era in viaggio (cioè saliva, faceva pellegrinaggio verso il luogo sacro) lo vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino…” e lo soccorse.

Il senso ultimo del pellegrinaggio è proprio questo, salire per imparare a farsi prossimo, a prendersi cura di coloro che hanno bisogno. Il samaritano “vede” il povero che gli è davanti. A volte basta far attenzione a chi ci vive intorno per fare dei veri pellegrinaggi verso gli altri.

C’è un bellissimo racconto rabbinico, riportato da Martin Buber. Narra di un pio ebreo, Eisik di Cracovia, molto povero. Costui aveva sognato che andando in pellegrinaggio fino al ghetto di Praga avrebbe trovato un enorme tesoro nei pressi del ponte del palazzo reale. Parte, compie un lungo viaggio a piedi e dopo aver cercato per qualche giorno intorno al ponte viene fermato da una guardia che, saputo il motivo della ricerca, lo prende in giro: “Sei proprio sciocco a dar retta ai sogni! Pensa che se io dovessi dar retta a un sogno che ho fatto dovrei partire per Cracovia a cercare un grande tesoro sotto il pavimento della stufa di un certo Eisik”. Eisik saluta la guardia, torna a casa, sposta la stufa e dissotterra il tesoro.

C’è un tesoro che si trova in un solo ed unico posto al mondo – commenta Buber – ed quello in cui tu ti trovi. C’è una sola vita in cui puoi trovare il tesoro ed è la tua con quello che sei, che hai e che sogni.

Il pellegrinaggio ha un senso, dice il rabbino di Roma Riccardo Di Segni “se è ‘alya, se è salita. La destinazione del pellegrinaggio è il luogo speciale dove l’uomo si mostra al sacro e il sacro l’osserva per benedirlo. Il rapporto è bidirezionale e foriero di benedizione, ma a condizione che il percorso sia quello della salita e dell’onesta purificazione”.

Il libro dei Salmi contiene una piccola collezione di quindici canti, dal 120 al 134, chiamati salmi della salita o delle ascensioni perché tutti iniziano con la frase “canto delle salite”. Sono quindici, dice la Mishnà (letteralmente significa “ripetizione”, è un testo del 200 a.C. che contiene la spiritualità rabbinica orale tramandata da maestro a maestro), perché erano quindici i gradini che si dovevano salire per entrare nel santo Tempio di Gerusalemme al termine dei pellegrinaggi per le tre feste della salita.

Salmo 122,1: “Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore! E ora i nostri piedi sono fermi alle tue porte Gerusalemme”. Canta il pellegrino al suo arrivo ricordando le fatiche del viaggio (Sal. 121): “Alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore. Non lascerà vacillare il tuo piede, il Signore è il tuo custode”. Ma il pellegrinaggio è anche occasione di comunità “Ecco com’è bello (Sal. 133) e com’è dolce trovarsi tra fratelli!” e di conversione: “Se consideri le colpe, Signore, chi ti può resistere? (Sal. 130) Ma con te è il perdono, così avremo il tuo amore”. L’incontro con Dio è momento di pace: “Io resto quieto e sereno (Sal. 131) come un bimbo in braccio a sua madre”.

Leggiamoli questi quindici gioielli. Che siano per noi una preghiera in preparazione al pellegrinaggio verso il Natale. Auguri a tutti.

Enrico de Leon