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Un pievano coraggioso nella bufera della guerra

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Nel periodo di guerra dal 1940 al 1943 in terra piemontese i parroci della pianura, delle vallate e delle montagne erano stati

un forte punto di riferimento per tutti coloro che aspiravano alla pace. Ma dall’8 settembre ’43, nel momento in cui la popolazione più giovane scelse la Resistenza, anche molta parte del clero di quelle zone operò la sua scelta in favore del movimento partigiano.

Alcuni tra loro parteciparono in modo attivo all’organizzazione; la maggior parte diede sostegno morale e concreto alla propria gente spendendosi in prima persona nelle trattative di scambio dei prigionieri, nell’assistenza ai fuggitivi e agli ebrei, nel rifornimento di generi necessari alla sopravvivenza.

Nell’immediato dopoguerra purtroppo, vuoi per la voglia di dimenticare in fretta tante brutture, vuoi per scelta politica, in molti casi si dimenticò presto l’apporto formidabile che questi preti avevano dato alla Resistenza.

Anche nel nostro territorio ci fu una figura di sacerdote di spessore, degna di essere ricordata.              È quella di don Francesco Granero, Pievano della Santissima Trinità in Nichelino dal 1941 al 1976.   

 

CHI ERA IL PIEVANO DON GRANERO?

Era un prete della campagna piemontese, nato e cresciuto in un’umile famiglia di Bricherasio, all’imbocco della Val Pellice. Grazie alla generosità di una nobildonna del luogo, che ne aveva conosciute le sue doti spirituali e la prontezza d’intelletto, era entrato a studiare presso il Seminario Minore diocesano di Pinerolo, fino a giungere all’ordinazione sacerdotale. Nel 1941, al termine degli studi di Teologia e in piena guerra, divenne parroco di Nichelino, grazie al patronato della contessa Sofia di Bricherasio. Il pievano don Francesco fu l’ultimo parroco nichelinese nominato in forza di una prerogativa che risaliva a un paio di secoli prima, al tempo del conte Nicolò Manfredi Occelli. Infatti nel 1730 l’Arcivescovo di Torino Francesco Arborio di Gattinara aveva concesso la potestà di scegliere i parroci di Nichelino al conte Occelli e successivi eredi, tra cui appunto la contessa Sofia.

Don Francesco fu una persona notevole: uomo colto, teologo, con scarne parole aveva la capacità di andare al cuore degli argomenti, dimostrando grande sensibilità e conoscenza profonda dell’animo umano. Schivo di carattere, umile, rifuggiva il clamore e gli onori che pure gli sarebbero spettati per il ruolo coraggioso che ebbe durante il periodo della guerra e della Resistenza.          

Il 30 novembre ’42 un bombardiere inglese, colpito dalla contraerea, si schiantò in via Filzi causando 20 vittime civili. Don Francesco, insieme al vice-parroco don Beinotti, fu tra i primi a portare soccorso ai sopravvissuti.

In un’altra occasione diede testimonianza della sua vicinanza alla popolazione e prova del suo coraggio. Durante i venti mesi della lotta di Resistenza, Nichelino era sotto il Comando tedesco di stanza nel Castello Segre. Il nemico aveva occupato Torino e ogni attacco sferrato nei dintorni della città era considerato un colpo diretto alla sua supremazia. Pertanto anche le azioni di sabotaggio compiute in paese, per la maggior parte a partire dall’inverno ’43/’44, erano considerate attacchi ribelli contro il nemico.                                                                                                                                    Un giorno del ’44 un gruppo partigiano nichelinese prese in ostaggio il segretario di un gerarca fascista e lo portò sopra Cumiana per giustiziarlo. La reazione tedesca fu immediata: ci sarebbero state gravi rappresaglie sulla popolazione civile di Nichelino. Appresa la notizia, il Pievano don Francesco e il dottor Rodolfo Camandona, medico del paese, si recarono a Cumiana per un tentativo di mediazione. Al termine di lunghe trattative il prigioniero fu liberato e il paese fu salvo.

Ed ecco un altro avvenimento significativo, accaduto in quel periodo terribile. Il 21 settembre del ’44 una squadra di tre partigiani nichelinesi ebbe l’incarico di procurare vettovaglie per i gruppi appostati in montagna. Giunti con un automezzo alla Crociera trovarono la strada per Moncalieri bloccata da un autocarro pieno di fascisti che non esitarono a sparare. L’autista e il suo compagno, Antonio Saracco e Arnaldo Bogiatto, si lanciarono fuori dalla vettura, ma furono subito catturati. Il terzo ragazzo, Francesco Taricco, riuscì a nascondersi e a mettersi in salvo.

All’istante cominciò il rastrellamento. I due giovani furono portati a Torino nella famigerata caserma di via Asti, luogo di torture ed eccidi. Insieme a loro furono arrestati anche il dottor Camandona e alcuni cittadini.

Don Francesco Granero, ancora una volta con un coraggio che rasentava la temerarietà, si recò in via Asti e cominciò estenuanti trattative col nemico. Non ottenendo risultati, giunse a offrire se stesso in cambio di quei ragazzi arrestati.  Fu trattenuto per alcuni giorni, ma non ci fu nulla da fare. Dopo interrogatori sfibranti e pestaggi, quei ragazzi furono incarcerati alle Nuove e condannati a 30 anni di reclusione, in quanto fiancheggiatori dei gruppi di liberazione. Furono liberati soltanto il 25 Aprile ’45.

Finalmente, con la fine della guerra iniziò anche per il Pievano, per la sua gente e per l’Italia tutta un periodo di ricostruzione e di pace. Intanto si avvicinavano gli anni del boom economico e delle grandi migrazioni. Il parroco si trovò ben presto ad affrontare un’ondata migratoria travolgente, che portò con sé complessi problemi sociali. In una manciata di anni gli abitanti di Nichelino passarono da circa 7.000 anime a quasi 50.000.

Il Pievano don Granero, insieme al viceparroco don Mario, suo fratello, e a don Antonio Petitti dovettero rimodellare tutta l’azione pastorale. L’edificio stesso della chiesa parrocchiale era insufficiente ad accogliere tutti.

Per iniziativa di don Granero vennero così costruite nel 1960 prima il salone/chiesa della Crociera, in via Dei Martiri, poi la chiesetta in legno di S. Edoardo e infine fu la volta della nuova chiesa della SS. Trinità. I lavori iniziarono nel ’65 e terminarono nel 1973. Nel frattempo però erano anche sorti in via S. Matteo, oltre alla scuola materna, due Centri per i giovani: femminile il C.A.F. e maschile il C.A.M, destinati ad attività di catechesi, formazione e ricreazione dei tanti ragazzi e ragazze.

Nel 1976, dopo una lunga vita spesa per il popolo nichelinese il canonico don Francesco Granero, ormai compromesso in salute, venne trasferito nella parrocchia di Vigone in qualità di collaboratore del fratello don Mario. Lì si spense l’11 novembre del 1992. 

Gabriella Baldo