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Dom, Dic
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Giungla nera in riva al Sangone

C'era una volta
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Dal un bel racconto di qualche anno fa, scritto da Carla Griva sui suoi ricordi d’infanzia,
raccogliamo alcuni particolari che riguardano il curioso passato “cinematografico” del Sangone a Nichelino. 

Da bambina l’amatissimo nonno, durante le passeggiate lungo il torrente, le raccontava di quei luoghi: “Vedi questi boschi? Beh, all’inizio del cinema italiano, tra gli alberi di quella sponda e quelli dove ci troviamo noi, furono girati molti film di avventura nella giungla tropicale, tratti dai romanzi di Emilio Salgari. Pochi sanno che quella lussureggiante giungla, resa all’occorrenza popolata da tigri e altri animali esotici, era nientemeno che la sponda del Sangone a Nichelino!“

L
a piccola rimaneva affascinata da quelle storie del nonno, dove la fantasia si intrecciava così a meraviglia con la realtà.

Di lì a qualche anno le sponde del torrente sarebbero tornate ad essere un set cinematografico. Era l’estate del 1952 e questa volta la giovane Carla rivide con i propri occhi le scene descritte dal nonno: una tigre che esce dalla giungla, un bell’attore americano e tanti altri personaggi. Stavano di nuovo girando un film, tratto dai romanzi di Salgari. Furono probabilmente gli ultimi ciak in riva al Sangone.

Anzi più precisamente si trattava di due film: I misteri della Giungla Nera e La vendetta dei Tughs. Regia di Gianpaolo Callegari, produttore Giorgio Venturini: gli interni furono realizzati negli studi FERT di Torino. Erano gli anni del dopoguerra, molte idee e pochi mezzi. Le due pellicole vennero messe in lavorazione contemporaneamente per cercare di risparmiare su costumi, scenografie e cast tecnico. Dall’America, ingaggiato per 60.000 dollari, arrivò Lex Barker, già attore di fama per aver interpretato Tarzan in cinque film (dopo i dodici del celebre Johnny Weissmuller). Non gli difettava il fisico. Barker era una sorta di gigante tutto muscoli, alto quasi due metri, l’ideale per vestire i panni dell’eroe salgariano Tremal Naik, cacciatore di tigri, in lotta con i guerrieri Thugs per liberare la sua donna Ada Mac Pherson (interpretata dall’attrice italiana Fiorella Mari). Del cast faceva parte anche una vera tigre di nome Sacha. Tra mille avventure e peripezie nell’impenetrabile giungla alle foci del Gange (... ossia il Boschetto del Sangone) Tremal Naik usciva puntualmente vincitore.

Due film senza grandi ambizioni artistiche, ma comunque distribuiti nelle maggiori sale di prima visione e destinati a un pubblico non solo italiano. Lex Barker dall’America si portò dietro (oltre alla fidanzata Lana Turner, che sposò durante il soggiorno a Torino) il suo cineoperatore personale, tal Ralph Murphy, regista di gran mestiere, nonché forte bevitore con qualche problema di sobrietà durante le riprese. Così almeno riferiscono i giornali dell’epoca; le maggiori difficoltà però vennero dalla gestione parallela delle due sceneggiature che si tradusse in un’immane fatica organizzativa e in un concitato lavoro di taglia/incolla in fase di montaggio. A farne le spese fu soprattutto “La Vendetta dei Tughs”, stroncato senza tanti complimenti dalla critica: “non solo non è un film, ma segna l’unico vero momento di caduta nel gusto e nell’onestà professionale di Venturini che licenzia un film di 75 minuti in cui compaiono lunghi brani di animali, di giungla, di esterni generici, di documentari folcloristici, tutti raccolti nei fondi di magazzino, e in cui vengono riproposte sia per l’introduzione riassuntiva della storia sia per alcuni flashback, intere sequenze di I misteri della Giungla Nera”

Andò giù duro anche il critico cinematografico del L’Unità: “produzioni dettate esclusivamente da moventi speculativi... la fantasia di Salgari viene completamente sciupata e le avventure di Tremal Naik si riducono a una monotona serie di inseguimenti per i corridoi misteriosi del tempio della dea Kalì alternati a qualche visione del campo inglese, a un paio di inquadrature tra gli alberi di una giungla casalinga”.

Più benevolo Leo Pestelli su La Stampa: “Tutto è onestamente dimesso e casalingo, comprese le danze; ma tutto è anche in tono, meglio che in altre, più vistose, riduzioni salgariane”.

Qualcosa dello spirito salgariano sicuramente c’era. Il grande scrittore, che visse in Piemonte, scrisse di avventure e di paesi esotici senza mai muoversi dalla scrivania di casa sua. Dove tradurre il tutto su pellicola, se non nella giungla in riva al Sangone?

I due film uscirono nelle sale all’inizio del 1954 riportando modesti incassi.

Si tramanda anche questo aneddoto. Nella Vendetta dei Tughs, girato a colori con tecnica Ferraniacolor, a un certo punto si vedeva una foresta blu anziché verde. L’addetto alle riprese si era dimenticato di inserire un filtro nella macchina da presa. Troppo costoso girare di nuovo le scene. Il produttore Venturini se ne uscì però con nonchalanchefacendo aggiungere in fase di doppiaggio una battuta al copione di un attore: “Che bella foresta blu!”.