Qualche giorno fa nel salone della Parrocchia Madonna della Fiducia si è svolto un importante dibattito, proposto dalla Commissione di Pastorale Sociale e del Lavoro dell’Unità Pastorale di Nichelino, sul tema della cosiddetta “Industria 4.0”.
Hanno introdotto il confronto alcuni collaboratori dell’Ufficio Pastorale del Lavoro della diocesi di Torino, guidati dal direttore Alessandro Svaluto Ferro, e Antonio Sansone sindacalista CISL.
Ogni tramonto lascia spazio a una nuova alba. Quella del lavoro va sotto il nome di “quarta rivoluzione industriale”, quella degli sviluppi dell’intelligenza artificiale e delle applicazioni digitali. La quarta rivoluzione industriale è cominciata, anche in Italia, che è il secondo Paese manifatturiero d’Europa.Il tramonto di un’epoca lo dimostrano alcuni dati: il 65% dei bambini delle scuole elementari farà un lavoro che oggi non esiste ancora. Per 4 lavoratori italiani ci sono quasi 3 pensionati. A lavorare sono quasi 23 milioni di persone (il 57,3% della popolazione), ma altri 3 milioni (11,9%) il lavoro lo stanno cercando. Gli italiani che sono emigrati all’estero sono quasi 250.000, cifra simile a quelle del dopo-guerra. Un lavoratore su 10 è straniero e di questi quasi il 20% è laureato. Infine, nonostante il tasso di disoccupazione giovanile sia pari al 40%, le imprese non riescono assumere il 25% delle figure professionali di cui hanno bisogno per mancanza di formazione (tecnica) adeguata. È la notte del lavoro che continua a fare paura.
È dunque urgente chiedersi: nel tempo delle macchine e dei robot, quale significato assumerà il lavoro per la vita degli uomini? Quali sono i principali cambiamenti in corso, a causa dei quali tante persone sono lasciate senza lavoro? Quali devono essere i (nuovi) diritti e doveri del lavoratore? E ancora: come sconfiggere la disoccupazione e quale formazione garantire ai lavoratori per prepararli al lavoro del futuro? Di ciò che abbiamo ereditato, cosa possiamo trasmettere? Siamo, o dovremmo esserlo, consapevoli che non tutti i lavori sono lavori degni e umani: non lo sono quelli che si basano sul traffico di armi, sulla pornografia, sullo sfruttamento minorile, sul gioco d’azzardo, sul caporalato, quelli che discriminano la donna e non includono i diversamente abili, i tanti lavori in nero, quelli che sfruttano le competenze senza pagarle il giusto, quelli privi di sicurezza.
Alle istituzioni spetta il compito di rimuovere gli ostacoli alla creazione del lavoro, come ad esempio l’eccessiva burocrazia, i tempi lunghi della giustizia civile, l’enorme tassazione, il costo elevato dell’energia rispetto alla media europea, i ritardi nella diffusione della banda larga, i problemi dell’accesso al credito o a forme alternative di finanziamento.Il Paese ha bisogno di politiche che generino valore sociale senza favorire l’assistenzialismo. Sono circa 259.000 i posti di lavoro per profili professionali che le aziende non riescono a reperire. Mancano saldatori, cuochi, infermieri, esperti di marketing, falegnami, ingegneri, commercialisti, fabbri e, soprattutto, professionisti del digitale.
Per la scuola è questa, un’opportunità senza precedenti per scommettere su nuovi curricula di studio. Occorre formare manager del fare e professionisti del gestire, puntando anche su fattori determinanti nel nostro paese, come l’arte, la storia, la cultura locale, la bellezza del territorio, senza però mai dimenticare l’antica vocazione al manifatturiero e ad ogni forma di lavoro artigianale.Insomma, il lavoro va ripensato insieme alla formazione e alla famiglia. Così come i lavori sociali la via per integrare gli immigrati, senza tenerli fermi e chiusi nei centri di accoglienza. E’ indispensabile un quadro normativo flessibile che permetta alle imprese di creare lavoro e di assumere con agilità, ma anche politiche fiscali per le ricchezze che si generano o si moltiplicano con l’elusione.
Anche nel mondo cattolico occorre convertire l’idea di impresa: non più assistenzialismo, ma imprenditorialità sociale e opere sostenibili per diventare produttivi, finanziare i propri scopi, creare occupazione e retribuire secondo giustizia.La sfida del lavoro di domani, con le macchine intelligenti e il lavoro a basso costo è stata al centro della 48° Settimana sociale dei cattolici italiani dello scorso autunno a Cagliari. La Chiesa in Italia aveva trattato il tema del lavoro nel 1970, nell’anno della nascita dello statuto dei lavoratori. Il contributo dei cattolici è stato allora decisivo. Insieme, come credenti, siamo pronti a ripetere quell’esperienza per il bene di tutti.
Don Gianfranco Sivera
Ufficio Pastorale Sociale Diocesi Torino