Mare aperto, barche instabili, approdi difficili, centri inadeguati o clandestinità. Alle spalle un presente invivibile e di fronte un futuro senza certezze.
Ma un’altra accoglienza è possibile e lo dimostra Casa Mundi, il progetto con cui la parrocchia di via dei Martiri e un gruppo di volontari che ne fanno parte, ha realizzato un progetto che, sulla carta, sembrava una sfida azzardata.
Eppure, venerdì 19 maggio, la famiglia siriana El Bacher ha festeggiato il suo primo anno a Nichelino, i 12 mesi di una nuova vita, circondata da amici.
La Siria è un ricordo, prima un sogno di vita agiata e serena, poi un incubo di guerra e violenza, che hanno spinto Abdullah e Hannan, a prendere i figli e a cercare riparo nei campi profughi grechi.
Qui, la comunità di Sant’Egidio li ha individuati e inseriti nel progetto di accoglienza che li ha portati in Italia. “Sono arrivati a Roma al mattino, accolti da un gruppo di noi, e alla sera erano qui, dove preparavamo la loro accoglienza da mesi – ricorda Monica Colombino, una tra i referenti del progetto di inserimento - La casa era pronta e c’era il gruppo di persone mobilitate, per accompagnare il loro inserimento nella comunità cittadina”.
Per i 5 bimbi, in età tra 10 anni e pochi mesi, Nichelino è stato l’approdo a una serenità lasciata in Siria, quando papà Abdullah ha dovuto abbandonare il banco di frutta e verdura che gestiva e mamma Hannan il lavoro da infermiera in una nursery. “Qui la prima difficoltà è stata la lingua e per gli adulti resta lo scoglio più grande anche oggi, per l’inserimento al lavoro – osserva la volontaria – I bambini imparano presto e c’è un’ottima collaborazione con la scuola. Anche Hannan e Abdullah hanno cominciato a luglio a frequentare il Cpia, di Moncalieri per imparare a esprimersi. Dopo qualche esperienza di lavoro complicata dalla lingua, abbiamo deciso con loro di dedicare tutte le energie a imparare l’italiano”.
Il progetto di accoglienza, coordinato dalla Comunità di Sant’Egidio, prevede che, entro 2 anni, le persone accolte completino l’integrazione e si rendano autonome. Ma in questa fase il gruppo di volontari che affianca la famiglia, per le pratiche burocratiche, le visite mediche, gli imprevisti quotidiani, si dà ancora molto da fare. “Il percorso di vita è nelle loro mani, noi ci siamo solo fatti strumento – considera Monica – Si sono salvati dall’inferno rifugiandosi nei campi profughi, un altro tipo di inferno. Per noi sono una famiglia importante, una bella esperienza che ci spingerà a farne altre”.
Per festeggiare il primo anno di condivisione, la comunità di Regina Mundi organizzerà una serata di incontro tra la comunità e la famiglia siriana. “Vorremmo che altri li conoscessero e capissero che, oltre agli arrivi sui barconi, esiste un altro tipo di accoglienza. Questa per Nichelino è un’esperienza pilota e ci piacerebbe che altri la replicassero”.
Chi è interessato a saperne di più o a sostenere le spese di gestione, che sono ancora in carico al progetto, può rivolgersi all’ufficio parrocchiale di via Nostra Signora di Lourdes 2.
C.N.